2.1. Gli inizi.

Don Michele Plassa

Nato a Piobesi il 30 novembre 1880 da famiglia povera: il padre operaio, la madre casalinga e lavandaia. Frequentò il seminario al Cottolengo, i seminari diocesani e fu ordinato sacerdote nel 1904 a Torino. Per tanti anni viceparroco a san Maurizio Canavese e poi ancora viceparroco a santa Barbara a Torino, fino all’età di quarant’anni. A quell’età, nel 1920 - il card. Agostino Richelmy gli inviò un biglietto da visita dandogli l’incarico di “costruire una chiesa in borgata Parella, presso la Dora”.
Un invito molto semplice ad un prete ancora più semplice.
Qui incomincia la storia del “pioniere” di borgata Parella che si estendeva da corso Lecce fino ai confini con Collegno, da corso Francia al fiume Dora. Nel 1920 in quella porzione di Torino si contavano poco più di 900 abitanti, oggi 1993 circa sessantamila.
L’arch. Paolino Napione fu il suo primo grande collaboratore. Ad un prete con 10.000 lire in tasca, cedette tutto l’isolato delimitato oggi dalle vie Salabertano, Asinari, Cappelli e Carrera: area di mq. 11.000 , al prezzo di lire 10 (dieci) al mq.
Due anni durarono gli approcci, la ricerca di offerte per pagare l’area, e nel 1923 dava inizio alla prima costruzione della chiesetta provvisoria e della casa su via Salabertano, ang. Via Carrera. L’Arch. Napione è sempre rimasto al suo fianco, predisponendo gratuitamente il progetto della casa, delle aule, del sottochiesa e della Chiesa. Il Primo maggio 1925 segnò la data dell’inizio pastorale della parrocchia della Madonna divina Provvidenza.
Il territorio parrocchiale stralciato dalla parrocchia di Pozzo Strada, era delimitato da via Digione-corso Lecce- corso Francia- confine con Collegno- la Dora e Pellerina.

Dal Numero unico “Mia mamma ha cento anni, sono sacerdote da 50 anni” 1993 pag. 12-13

2.2. Monsignor Michele Enriore parroco

Le opere e i giorni

“Non a noi, Signore, non a noi,
ma al tuo nome da’ gloria,
per il tuo amore, per la tua fedeltà.”
Salmo 115,1

“La fede agiva insieme alle opere di lui,
e per le opere la fede divenne perfetta”
Giacomo 2,22

Torino 2009

“In lui, uomo di iniziativa e di azione, il manager e il pastore raggiungono una ottima sintesi”: questa la cifra riassuntiva siglata da don Giuseppe Tuninetti nel curriculum redatto su don Enriore nel suo recentissimo libro sui Vescovi, preti e diaconi della diocesi di Torino. La note che seguono intendono fornire un po’ di documentazione, e anche, se non è presunzione, una verifica.

I collaboratori.

L’elenco dei collaboratori parrocchiali lo fornisce lui stesso nel volumetto curato per il compleanno della Madre (cento anni!) e per il suo Giubileo Sacerdotale.

Mons. Enriore, già nel 1954, quindi a 34 anni, si è visto caricato del pesante fardello dell’”Opera diocesana preservazione della fede” (poi Torino Chiese). Non si può quindi trascurare questo dato che comportò da subito forte riduzione dei tempi disponibili per la parrocchia, coinvolgimento in questioni complesse e nuove, necessità di “contare” su buoni e affidabili collaboratori. Sono stati in tutto ventitrè, un numero assolutamente straordinario. Quattordici di questi sono poi diventati parroci, uno Vescovo, tre collaboratori dell’arcivescovo in importanti Uffici di Curia, uno Cappellano di Ospedale. Da segnalare la lunga e affezionata continuità del Teologo Ottavio Visetti, già presente alla Provvidenza dal 1940, e fedele collaboratore, specialmente per le Confessioni, fino al 12 ottobre 1987 (morirà al Cottolengo nel 1990). Tre di questi 23 collaboratori scelsero altre strade. Padre Luciano Viano gesuita, ha lavorato con lui dal 1957. Don Enrico Molgora collaborò con lui per venti anni, e gli succedette come parroco alla sua morte. Dalle testimonianze raccolte anche in questo volumetto e da alcuni appunti di archivio, risulta che gli stavano a cuore la ordinata distribuzione dei compiti, la familiarità cordiale, lo spirito di squadra, la laboriosità apostolica. In un appunto del 1968, trovo la seguente annotazione: “Che cosa fanno sette preti nella mia parrocchia? Pregano con la comunità parrocchiale, attendono alle Confessioni e alle celebrazioni liturgiche, curano la gioventù nelle varie attività giovanili, nella scuola e nella catechesi, fanno visita agli ammalati, attendono al servizio dell’Ufficio parrocchiale, e studiano per tenersi aggiornati”. Seguono le indicazioni precise delle fonti di sostentamento e sui costi dell’amministrazione ordinaria e straordinaria. Sei collaboratori hanno portato la loro testimonianza , da cui risulta viva riconoscenza, anche a distanza di tanti anni. Aggiungo anche qualcosa circa le difficoltà della convivenza, come risulta da un appunto di monsignore stesso, a riguardo del difficile rapporto con don Beppe (Frittoli– credo di poter interpretare; era stato suo collaboratore anche a Torino Chiese).

“Oggi ho celebrato la Messa per noi due – così scrive il nove dicembre 1966 – per il bene che desideriamo. Oggi ho rimandato tutti gli impegni per rimanere a casa e così poterti incontrare. L’incontro fortuito di orario della santa Messa non mi ha dato la possibilità di un colloquio. Sei stato delicato non venendo a pranzo oggi: delicato per don Scanavino che ci lascia per altra meta. Sofferenti tutti perché mancavi tu. Sette anni di lavoro comune non si possono dimenticare; il bene da te operato è evidente: nella scuola e nella Gieffe (gioventù femminile ndr). Non è semplice riconoscimento; accetta il cordiale ringraziamento, mio e dei confratelli. Noi due non ci siamo capiti, pur compiendo la medesima missione qui e altrove. Due caratteri tanto personali: e permettimi, tutti e due non facili a mollare. Torti, indelicatezze, ragazzi da entrambe le parti. Per parte mia, ho atteso, ho pregato prima di determinarmi a questa amputazione. Il distacco nostro non è una finta, ma una comune perdita. So di essermi sobbarcato ad oneri gravosi per mantenere il ritmo e migliorare doverosamente la vita parrocchiale. Dopo 22 anni, questa dura esperienza è salutare.
Con più calma e maggior tempo a disposizione, risponderò alla tua di quindici o venti giorni fa.
Per ora il ringraziamento sincero e il desiderio di incontrarti per adempiere ai miei doveri di giustizia.
Ti chiedo una preghiera. Aff.mo don Enriore”.

Le opere.

Riporto l’elenco certamente incompleto delle principali opere da lui promosse e realizzate: la chiesa Madonna Divina Provvidenza, la sopraelevazione della casa parrocchiale e del campanile, il palazzo delle opere in via Asinari 34, soprattutto per la Scuola Media MDP. La casa per ferie ad Extrapieraz in Brusson. La statua della Madonna sul Polluce. La Cappella per il Tabernacolo, il Battistero, la sistemazione del presbiterio (ambone, altare, scranni).

A questo elenco si deve aggiungere il gruppo “mamme” dei seminaristi, l’Associazione Vendemini per la pallavolo, il Centro spiritualità vedove, il Terz’Ordine Francescano Secolare, il sostegno alla Conferenza di San Vincenzo, il gruppo della terza età, il “Gruppo Amicizia” (insieme con don Catti), e, soprattutto, la Missione Biblica.

La chiesa parrocchiale Madonna Divina Provvidenza

Dobbiamo credere a Monsignore che confida: “E’ stata per me la prima palestra e ringrazio la Divina Provvidenza”. Rivela così il ruolo che ha avuto la ri-costruzione della Chiesa, bombardata nel 1942, nell’insieme del suo Ministero. Mentre apprendeva il difficile mestiere di direttore di Torino-Chiese, collaudava le sue competenze, sotto tutti gli aspetti, proprio in quella che è stata la sua chiesa per 50 anni (45-95). E dobbiamo anche credergli quando afferma che è stata ricostruita “senza contributi da parte di nessuno e solo dalla partecipazione della gente (L .295.000.000)”

La chiesa era stata distrutta, con la casa parrocchiale, in due bombardamenti del 1942. Commovente il racconto inedito di don Ottavio Visetti, testimone oculare, contenuto in un quaderno manoscritto dello stesso. Bisognerà attendere il superamento del primo periodo post-bellico, segnato da grande e diffusa povertà, il superamento dell’inibizione avuta dalla Curia a ricostruire senza avere prima saldato grossi debiti (una generosa colletta consentì di trovare i fondi ), per vedere rinascere, a lotti, la chiesa, la sopraelevazione della casa parrocchiale e del campanile. Enriore si avvalse dell’assistenza gratuita dell’arch. Paolino Napione, e poi del figlio ing. Giorgio.

La costruzione di altre tre chiese nella borgata ebbe a che fare anche con il suo ruolo di parroco. Mi riferisco a Santa Maria Goretti (1959), a Santa Giovanna d’Arco (1966), a Sant’Ermenegildo (1969). A queste si deve aggiungere La Visitazione che divenne parrocchia nel 1971, a seguito del trasferimento a Moncalieri delle Visitandine. Per le quattro parrocchie fu interessata a vario titolo la “Divina”, come risulta anche dai grafici relativi alla statistica dei Sacramenti. Inoltre, alcuni viceparroci di Enriore, divennero parroci in quelle parrocchie. In una relazione del 1992, preparata per la Visita pastorale del Card. Saldarini, Enriore scriveva: “Man mano che sorgevano le nuove parrocchie bisognava riprendere le fila delle diverse attività poiché molti laici impegnati passavano alle attività pastorali della nuova parrocchia”.

La Scuola Media parrocchiale MDP nasce dal cuore vigile di Monsignore e del suo vice don Beppe Frittoli. Nel 1960 i due avvertono la mancanza di una scuola media in tutta la borgata, e decidono di demolire il salone parrocchiale costruito da don Plassa appena nel 1951, e si avventurano nella costruzione del Palazzo delle Opere, che diventerà anche sede della scuola. Nell’ottobre 1962, viene inaugurata e benedetta dal Vescovo Coadiutore S.E. Mons. F. Tinivella. Nel 1963 arrivano i Fratelli Marianisti, religiosi fondati in Francia da Guglielmo Giuseppe Chaminade (1761-1850). Sono da ricordare il professor Remo Franch, per 30 anni preside, il prof. Grattarola, padre Stefano Bertelle, i prof. Formentin e Massa. Nel 1993 gli ex-allievi erano già 1630. Conclusa l’avventura se ne sono contati quasi 2.000. Da subito, fu scuola mista, con il consenso quasi plebiscitario dei genitori. E quasi subito, i genitori vennero cooptati nelle scelte più importanti della scuola, in anticipo sui successivi Decreti delegati. Anche qui le difficoltà non sono mancate. Enriore ricorda il rischio di perdere il prof. Franch nel 1981, quando si profilava un suo trasferimento in America Latina su richiesta del suo Istituto. E racconta gli sforzi fatti per trattenerlo, e il risultato positivo ottenuto. Non raramente, incontro uomini e donne che ricordano con fierezza di aver fatto parte di quella scuola.

A me che rileggo quegli avvenimenti, è spontaneo osservare che il Palazzo delle Opere veniva costruito dopo che Enriore, come Direttore di Torino Chiese, si era prodigato, con tanti altri tra cui il venerabile Mons. Pinardi, alla costruzione del Palazzo delle Opere della diocesi (corso Matteotti 11).

La costante attenzione ai ragazzi e ai giovani lo portò a cercare una soluzione stabile di casa per ferie, dopo aver sperimentato diverse formule e luoghi (Traverselle, Chamois, Gressoney, Antagnod, Champoluc). Mi riferisco all’acquisto dell’immobile di Extrapieraz a Brusson, in Val d’Ayas.

Soprattutto d’estate, la casa diventò il punto di riferimento per giovani e ragazzi, e per le famiglie stesse. Fino al 1973, quando fu venduta.

In quel contesto, maturò l’idea di portare la statua della Madonna sul Polluce. All’opera d’arte pensò il Maestro Giovanni Cantono, amico di Monsignore. All’organizzazione del trasporto si impegnarono in molti, sotto la direzione di Beppe Tenti e altri. Al trasporto provvide il Gruppo del CTG Stelutis. Dell’avvenimento, rimane buona documentazione anche fotografica.

Dal giovedì 19 agosto 1965, la Madonna veglia da uno sperone, prossimo alla punta del Polluce (4.091 mt). La statua era composta di tre pezzi, per un peso complessivo di 98 chilogrammi, e per 1,80 metri di altezza, con basamento di 69 chilogrammi.

Difficile sfuggire all’impressione di una esperienza esaltante, unica nella vita, dal valore simbolico forte, sia per Monsignore che per tutti coloro che vi hanno preso parte. I ritorni frequenti, negli anni successivi, soprattutto in occasione degli anniversari, lasciano intendere quanto sia stata evocativa di senso quella salita e quell’affidamento. Un vero e proprio “rito” che ha la forza di dire il senso della vita di tutti i giorni, ma che non sappiamo come dire con le sole parole.

L’arte sacra alla “Divina”.

Enriore promuove il restauro dell’Incoronazione della Vergine, un grande dipinto che corona il catino dell’abside. Le dimensioni del dipinto sono straordinarie: 3,60 metri di altezza per 32 metri di lunghezza, 3,60 metri di altezza per 12 metri di lunghezza il piano superiore, quello della Madonna. L’artista fu Antonio Testa (1904-2000). L’opera fu commissionata da don Plassa e realizzata nel 1938. Fu danneggiata nel bombardamento del 1942 (nei bombardamenti andò in fumo anche l’archivio e molte opere d’arte dell’artista stesso che abitava a Torino), e restaurata nel 1957, al costo di 900.000 lire. Al fedele di oggi sembra che dica: “proprio perché Madre della Divina Provvidenza sono stata incoronata Regina!” Il corteo dei santi che guardano ammirati verso la gloria di Maria, insieme con gli apostoli, incoraggiano il fedele a “guardare in alto”. Sorprende relativamente l’assenza dei Santi piemontesi (anche se don Bosco e il Cottolengo sono ben posizionati, come statue nella facciata). Affascina il profilo dei volti, molti dei quali – come quello della Vergine – di straordinaria bellezza. Ci lascia perplessi il fatto che un tale dipinto sia così poco conosciuto. Da segnalare anche la bella Via Crucis in ceramica, opera della moglie del Testa, la Valentina Casalnovo (1911-1994), a cui il pittore si ispirò per dipingere il volto della Vergine.

Enriore era amico intimo del Maestro Giovanni Cantono (come mi ha confermato la figlia). L’artista collaborò con lui per la parrocchia in quattro momenti: nel 1962 con l’Altare delle anime del Purgatorio (da un’idea di don Plassa), nel 1965 con la Madonna del Polluce, nel 1966 con il Battesimo di Gesù al Giordano (una colata di bronzo di 2,90 di altezza per 1,40 metri di larghezza) che fa da sfondo al Battistero, nel 1970 infine con il Tabernacolo e la Cappella del SS. Sacramento (di grande fascino la porta del Tabernacolo). Nel contesto dell’adeguamento alle norme liturgiche appena promulgate dal Concilio Vaticano II, è da vedere anche la ristrutturazione del presbiterio e l’altare, realizzata nel 1984. Il pavimento è in rosa di Baveno, mentre gli scranni sono in pietra di Vicenza. Ognuno dei 71 scranni pesa 150 chilogrammi. L’altare è in parte in pietra di Vicenza, in parte in rosa di Baveno.

Monsignore ha pure abbellito la chiesa parrocchiale di due grandi tele: del maestro Dilvo Lotti, Gesù divino lavoratore, 1957 (primo premio al Concorso internazionale bandito dalla Pontificia Commissione Arte Sacra a Roma), e del maestro Daniele Marchetti, Gesù risorto e due discepoli, 1957. Le due tele (a olio 3 metri per 1,80) si possono ammirare nelle due Cappelle laterali.

A riguardo del profilo artistico delle chiese costruite da Monsignore, circolava e circola una voce critica che contesterebbe la sua scarsa considerazione, per non dire la sua incompetenza. Il Cardinale Saldarini espresse anche pubblicamente analogo rilievo. Monsignore rispondeva così: “Certamente, si poteva essere più ‘artisti’ ma la povertà dello stile moderno e la mancanza di fondi hanno permesso di costruire alcune chiese bellissime, altre belle e ancora altre meno belle, come giustamente osserva il nostro Arcivescovo”.

A buon conto, credo si debbano evitare giudizi sbrigativi e ingenerosi. E anche anacronistici. Oggi, anche nella chiesa, dopo vari interventi del Magistero (si ricordi tra tutte la Lettera del Papa Giovanni Paolo II agli artisti, l’impegno della CEI nell’ambito del progetto culturale, i vari documenti della CEI stessa a riguardo della costruzione delle nuove chiese, il nuovo rapporto con l’arte e gli artisti in genere) concorrono a creare un clima diversamente disposto da entrambe le parti. Un mensile come I luoghi dell’infinito ha cominciato le sue pubblicazioni solo nel 1997.

E comunque sia, alla sua “Provvidenza” Enriore ha riservato un occhio di riguardo.

Il Centro spiritualità vedove fu fondato da don Dino Scanavino (che, tra l’altro, si occupò anche dei giovani universitari) nel 1963, quando era viceparroco di Enriore. Don Paino gli succedette come assistente spirituale, e continuò il servizio fino al 1991, pur essendo stato trasferito dalla Provvidenza già nel 1972. In alcuni periodi felici di quel gruppo, le iscritte sono state quasi 300. La prima Presidente fu la professoressa Masera Pina Lucia, intraprendente e generosa. Seguì la signora Ternavasio Margherita, e nel 1993 la Noemi Rodella. Il gruppo era sorretto da alcune iniziative quali il pellegrinaggio annuale, la riunione mensile con conferenza e preghiera, e la solidarietà tra i membri.

Monsignor Enriore fondò insieme a due laici l’Associazione Vendemini per la pallavolo. Era il 1987. Veniva utilizzata per le attività agonistiche la palestra della scuola Armstrong, e si seguivano i tornei della FIPAV e del CSI.

Non ebbe vita lunga. Fu chiusa nel 1993. Ufficialmente per la necessità dei locali (si doveva installare una nuova caldaia, e i locali individuati erano proprio quelli utilizzati dall’Associazione), in realtà per le difficoltà a sostenere le spese crescenti, e per le discussioni e conflitti interni.
La Missione Biblica fu una delle ultime iniziative che monsignore sostenne con convinzione e determinazione. Nacque nel 1989 (il Cardinale Saldarini era arrivato in Diocesi il 19 marzo dello stesso anno) e per sette anni caratterizzò il cammino dei fede degli adulti. Enriore ne fu il promotore, insieme con don Enrico Molgora. Il percorso si strutturava così: un tempo di preparazione dei coordinatori dei gruppi (erano laici, religiosi e religiose). Nella loro preparazione si avvicendarono don Domenico Mosso e mons. Ugo Saroglia; più tardi, padre Beppe Giunti francescano, e altri. Le loro proposte vennero pubblicate in agili fogli o fascicoli, che venivano distribuiti a tutti i partecipanti. I fedeli erano invitati ad iscriversi ad un gruppo che programmava per la Quaresima cinque incontri. I passi della scrittura erano quelli delle Domeniche di Quaresima. In una relazione preparata per la Visita Pastorale del card. Saldarini, monsignor Enriore la presentava così: “Oramai da quattro anni, la preoccupazione di offrire momenti di catechesi a tutti gli adulti, trova una occasione forte e molto apprezzata nella esperienza della Missione Biblica. Per tutto il tempo della Quaresima numerosi gruppi di persone di ogni età si trovano insieme, coordinati da adulti preparati per l’occasione, a leggere, meditare e approfondire, per l’applicazione pratica, la Parola di Dio della Domenica. Circa 250/300 persone condividono questa esperienza di fede”.

L’esperienza continuò fino al 2001.

Le Visite pastorali

E’ risaputo che le Visite Pastorali sono un momento forte nella vita di una parrocchia e di un parroco. Tanto più nel caso di Monsignore che accoglieva il Vescovo in parrocchia, mettendo a capitale i vantaggi del suo stretto rapporto con Lui, in quanto Direttore dell’Opera Diocesana Preservazione della Fede, prima, e anche di Economo generale, poi. Teneva moltissimo alla loro fiducia, era un suo punto fermo onorarla con lealtà e generosità. Questo significa anche che non aveva ambizioni di originalità, nel caso che questo volesse dire smarcarsi dalla linea del Vescovo. Il suo “pragmatismo” era una condizione favorevole per una collaborazione leale, franca con i vescovi.
Circa le Visite del card. Maurilio Fossati, sappiamo che ne ha fatte due, la prima dal 1932 al 1936, la seconda dal 1938 al 1946; quindi prima che Enriore fosse parroco. “Delle successive mancano gli atti” . Anche nell’Archivio parrocchiale non ho trovato traccia. Risulta peraltro che il card. Fossati sia venuto in parrocchia, dal 55 al 1965, almeno sette volte per la Celebrazione della Cresima.

Il Card. Michele Pellegrino venne alla Provvidenza il 3 marzo 1969, quando la Visita era cominciata da pochi mesi. La visita prevedeva una attenzione specifica alla dimensione zonale (allora molto ampia), dimensione che stava facendo i primi passi. Recezione del Concilio Vaticano II e le varie riforme, attenzione ai problemi sociali del quartiere, tensioni interne alla comunità cristiana e presbiterale: furono alcuni aspetti di quell’incontro.

Di questo periodo sarebbe di grande interesse studiare il contributo che Enriore portò e ricevette dalla partecipazione al Collegio Parroci, le riflessioni che gravitavano nella due giorni di Sant’Ignazio, il suo impegno diretto e indiretto nel quartiere Parella (due soli esempi: la vicenda della Tesoriera, il rischio di abbattimento della Chiesa della Visitazione). Ma il tempo per chi scrive non ha concesso scampo.

Il Card. Anastasio Ballestrero fece due visite pastorali alle zone ecclesiali. La prima dopo il Convegno “Evangelizzazione e promozione umana”, e la memorabile Visita del Papa Giovanni Paolo II (13 aprile 1980), in un clima sociale e civile molto turbato dal terrorismo e dalla ristrutturazione della FIAT. La seconda avvenne quando già le prevenzioni, le ostilità nei suoi confronti si erano molto stemperate o sparite.
La visita del Card. Giovanni Saldarini, a differenza delle precedenti, dispone di molta documentazione di archivio. Un consistente triplice questionario (per la parte pastorale, patrimoniale e statistica) fotografava le realtà ecclesiali. L’Arcivescovo prevedeva una fitta serie di incontri, sia in parrocchia che nella Zona, come pure nel Quartiere, ove possibile. Avvenne nell’autunno del 1992, e in parrocchia il 6 e 7 novembre 1992, cioè alla vigilia di avvenimenti molto importanti per Monsignore (il suo Giubileo sacerdotale e il centesimo compleanno di sua madre, l’Ordinazione sacerdotale di don Roberto Volaterra, la chiusura della Scuola Media, i primi segnali della salute compromessa, e altro ancora). Era seguita e conclusa da una articolata lettera del Cardinale che indicava le linee dell’azione pastorale futura (lettera del 2 febbraio 1993). Il settimanale diocesano copriva l’evento con un inserto speciale, comprensivo di riflessioni, programmi e bilanci.

L’Azione cattolica

Forse la vicenda dell’Azione cattolica alla Divina può essere rappresentativa di quanto è avvenuto un po’ in tante parrocchie della Diocesi, o per lo meno, della città. Una stagione iniziale, povera di mezzi, ricca di ideali, non senza ostilità d’ambiente, ostilità ben affrontate con l’aiuto dei pastori (come non ricordare la prudente e coraggiosa azione del Card. Fossati!) di religiose e di laici straordinari. Alla Divina cominciò nel 1930 con la “Margherita Sinclair” per le ragazze, e nel 1932, con la “Aldo Marcozzi” per i ragazzi. La stagione della prova comincia nella seconda metà degli anni sessanta. Quel periodo è evocato dai protagonisti come tempo della diaspora, tempo in cui si metteva in discussione l’esistenza stessa della Associazione. In loro rimane vivo e grato il ricordo del passato. Insieme alla sensazione che non si potevano trovare risorse umane, spirituali, e pastorali per rilanciare l’AC negli anni della contestazione. Anche per monsignore la vicenda costituì un cruccio. Non riuscì a rilanciarla, con l’aggancio delle nuove generazioni. Di che cosa si trattò? Differenze di linea con la Presidenza diocesana o nazionale? O che cos’altro? In mancanza di documenti, conviene lasciare in sospeso la questione. In attesa di valutazioni più puntuali e documentate, recepisco l’osservazione di Davide Fiammengo, già presidente diocesano dal 1983 al 1992. Fiammengo fa notare in un colloquio con chi scrive che le difficoltà sorsero per la tendenza che si stava diffondendo , tendenza figlia della cultura del 68, secondo cui ognuno doveva farsi il suo gruppo. La cosa riguardava sia preti che laici. Inoltre, cominciava a sentirsi l’effetto dell’assenza degli assistenti, in altre stagioni zelanti sotto il profilo dell’incoraggiamento e dell’offerta dei Sacramenti, e dell’importanza della formazione permanente. Per monsignore ci fu forse anche una ulteriore componente costituita dagli aspetti amministrativi e patrimoniali (il palazzo delle opere di corso Matteotti) che lo portò a qualche conflitto, anche aspro, con la Presidenza.

Gli ultimi anni.

Anche per monsignore si è avverata la parola di Gesù a Pietro: “In verità in verità ti dico: quando eri giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sari vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv. 21,18).

Il 1993 appare a chi ricostruisce alcuni tratti della sua vita ministeriale come l’anno della svolta. Fu un anno intensissimo, e non solo per il suo Giubileo sacerdotale e per il centesimo compleanno della mamma. Nell’estate monsignore accusò malanni vari, e fece gli approfondimenti diagnostici necessari. Il responso segnalava un aneurisma all’aorta, per il quale si programmava un intervento chirurgico (dicembre 93). Il ricupero fu lento e non totale nei primi mesi del 1994. In settembre monsignore accusa altri dolori, soprattutto alla schiena. Nuovi esami e diagnosi allarmante: cancro con metastasi già diffuse. Nel dicembre 1994 inizia la chemioterapia. Monsignore faceva in modo di poter continuare il suo servizio in parrocchia e in ufficio appena gli effetti della terapia gli lasciavano libertà di manovra. E coltivava la speranza di spuntarla. Il 30 maggio del 1995 monsignore termina la sua buona battaglia, dopo una settimana di agonia al San Giovanni Vecchio. Sull’agenda della parrocchia, don Enrico lascia scritto: “Oggi alle 6,30 è mancato don Enriore”. In diversi momenti i fedeli si radunano numerosi per la preghiera di suffragio, e per la riconoscenza. Il primo giugno il Cardinale Giovanni Saldarini celebra le esequie. Con lui concelebrano i Vescovi Maritano, Garneri, Micchiardi, e 140 preti. “La chiesa era stracolma”.

Conclusione

Uno sguardo riassuntivo del suo ministero parrocchiale può essere compreso tra due estremi. Da una parte, registro le sue osservazioni, emblematiche di un’epoca ormai molto lontana, contenute nel giornalino del decennio (relative a visite ai malati, al precetto pasquale, alla Santa Messa festiva, al primo venerdì del mese…già l’elenco è sintomatico): “In dieci anni di Ministero pastorale ho notato che la visita del Sacerdote ai malati ha sempre portato sollievo e fu ognora bene accolta. Tre sole famiglie hanno impedito al sacerdote il suo Ministero e 75 non si sono preoccupate di chiamare a tempo debito il Ministro di Dio per i loro ammalati”. Dall’altro estremo, la Missione biblica. Nel 1993, praticamente al termine del suo servizio, l’accento e le preoccupazioni cadevano in tutt’altra direzione: la formazione degli adulti, in particolare. Quanta differenza! E quanto cammino è stato fatto! In mezzo, non ci sono state solo e tanto le varie opere, ma soprattutto un grande cambiamento, che qualcuno chiama “rottura di sistema” (enfatizzando con questa formula gli aspetti di discontinuità, di crisi), altri definiscono di “cambio di paradigma” (alludendo anche agli aspetti di continuità, che pure ci sono stati). Su questa seconda linea interpretativa si colloca il Magistero del papa Benedetto XVI . In un famoso discorso alla Curia Romana, il Papa invita a guardare alla storia recente privilegiando gli aspetti della riforma nella continuità, contro la tentazione di esasperare gli aspetti di novità e di cambiamento. Come credenti non possiamo non riconoscere che la Provvidenza ci ha guidati attraverso i suoi ministri soprattutto con il Concilio Vaticano II (1962-1965), concilio che ha saputo avvertire in anticipo e per certi aspetti prevenire gli eventi del 68 e degli anni 70. Monsignore, per il ruolo che svolgeva in Diocesi ha saputo far tesoro del legame con gli Arcivescovi e assicurare alla parrocchia, insieme con i suoi più stretti collaboratori, e con i religiosi e i laici, la spinta giusta, per gli adattamenti, per l’intelligente “conservazione”. Così come ha saputo portare in Curia e in Diocesi, attraverso la costruzione delle nuove chiese, la ricchezza di legami fraterni, professionali, evangelici che coltivava in parrocchia. Da una lettura dei documenti di archivio e dall’ascolto delle varie testimonianze risulta anche il progressivo maturare del suo profilo ministeriale, sia per la qualità dei rapporti sia per il coraggio delle proposte. Un affezionato viceparroco degli anni 60, don Giovanni Payno, ha scritto: “Quando arrivai alla Provvidenza nel 1962, giovane prete, devo dire che Monsignore mi incuteva grande soggezione, insieme a smisurata ammirazione: mi sembrava di trovarmi di fronte ad una gigantesco vulcano perennemente in eruzione. Era difficile stare dietro al suo ritmo, e noi viceparroci avevamo spesso il fiatone. Con l’andare del tempo abbiamo imparato a stare al suo passo, ma lui ci diceva che aveva messo molta acqua al suo mulino”. Il suo percorso, ad una lettura attenta, risulta dunque di grande incoraggiamento per coloro che vengono dopo, preti e laici che siano. E motivo di grande riconoscenza al Signore che lo ha dato alla parrocchia Madonna della Divina Provvidenza e all’amata Chiesa di Torino.

Don Sergio Baravalle

Fonti

Libri

A cura di Mons. Michele Enriore, Siamo andati per chiese sessant’anni- 1935/1995, Torino 1995

Giuseppe Tuninetti, In memoriam. Clero della Diocesi di Torino defunto dal 1951 al 2007: Vescovi, preti, diaconi, Cantalupa 2008

Ugo Sertorio, Borgo vecchio e dintorni, Torino febbraio 2009 (specialmente pagg. 195-265)

Giornalini parrocchiali presenti in Archivio parrocchiale

Decennio di ricostruzione 1945-1955 Torino 1995

Don Plassa ritorna nella sua Chiesa, numero unico 1959.

25° di Ministero pastorale di monsignor Michele Enriore, primavera 1970

Don Plassa ha 100 anni, Torino 1980

50° “Aldo Marcozzi” 52° “Margherita Sinclair”, Torino 30 maggio 1982

20 anni della Scuola media Madonna Divina Provvidenza, Torino 1982

25° della Scuola Madonna Divina Provvidenza, Torino 1987

A cura di Beppe Gandolfo, 30° Presidenza prof. Remo Franch Scuola Media “Madonna Divina Provvidenza” , Torino 9 maggio 1993

Roberto Volaterra è sacerdote da 1 giorno, Torino 1993

A cura di Enriore e Gandolfo, Mia mamma ha 100 anni, sono sacerdote da 50 anni, Torino 22 maggio 1993

A cura di Molgora, Cattaneo, Gandolfo, Lo ricordiamo così, Torino s.d.

CTG …50 anni un’amicizia che continua nel tempo (1949-1999), Torino 2000

ALL’OMBRA DEL “CIUCHE’”

ATTIVITA’ GIOVANILI anni 50/60 alla Divina di Torino

Correvano gli anni 50/60 - inizi 70 - e nei cortili, e nei saloni delle nostre parrocchie ragazzi di tutte le età esprimevano la loro gioia di vivere, socializzando, e giocando nei modi più semplici, e da sempre i più divertenti.
A quel tempo si giocava, si litigava, e si faceva pace sempre guardandosi negli occhi, non ancora schiavi delle moderne tecnologie, che pur aiutandoci e facilitando tante cose, ci fanno perdere il piacere del contatto umano.
Nell’area Parrocchiale della “DIVINA” nacque così per i più giovani (età scolare elementari e medie) un originale forma di oratorio denominata “CITTA’ VITT” in onore de “IL VITTORIOSO”, giornaletto per ragazzi, noto per le esileranti vignette di Jacovitti, proposto come alternativa al Corriere dei Piccoli.
La “CITTA’ VITT” prendeva vita alla domenica mattina dopo la Messa dei ragazzi delle ore 8.00 con un solenne alzabandiera seguito da giochi vari, per concludersi alle 12.30 circa.

divina provvidenza

I ragazzi ricevevano una carta d’identità, e un gruppo di animatori con funzioni di “vigili urbani” collaboravano alla gestione delle varie attività.
Questo modello di oratorio fu oggetto di un interessante documentario che andò in onda sulla rete regionale di RAI 3 sul finire degli anni 50.
Intanto per i ragazzi più grandi, molti dei quali già impegnati in apostolato con l’Azione Cattolica, nasceva - a livello Nazionale – un’associazione con scopo ricreativo denominata “Centro Turistico Giovanile”, il cui scopo era quello di coinvolgere i moltissimi giovani appassionati di escursioni alpine e di sport invernali, proponendo loro uscite domenicali nelle nostre belle valli.
Così il nostro nutrito ed attivo gruppo, gli amici della “Sucia” ovvero dell’associazione parrocchiale cattolica intitolata “Aldo Marcozzi” con attività sportive per il gruppo maschile, e “Margherita Sinclair” per il gruppo femminile diede vita al gruppo “CTG STELUTIS” in omaggio ad un noto canto popolare.
Iniziammo con qualche gita estiva nelle nostre magnifiche valli utilizzando il famoso pullman di Barberis che aveva il deposito proprio di fronte all’ingresso della Chiesa.
E lì scoprimmo che il vero divertimento di questa nuova esperienza era proprio il viaggio; cori stonati, canti della piola, colazioni a base di gorgonzola e barbera, una vera lussuria!
L’amicizia con la “A” maiuscola che univa, e coinvolgeva tutti ci aiutava veramente a staccare la spina alla domenica, una giornata di svago, che iniziava sempre con la Santa Messa.

La stretta e sincera amicizia fu certamente il punto di forza del gruppo, che unita alla spensieratezza, e contagiosa allegria rappresentò il “virus” che con grande rapidità si diffuse tra amici degli amici e colleghi di lavoro che contribuirono in breve tempo a fare del nostro gruppo il più numeroso tra quelli che erano nati all’ombra della Mole.

Partimmo da alcune escursioni estive nelle nostre belle valli, e passammo poi ai noti calendari invernali che prevedevano uscite ogni 15 giorni, passando in rassegna le più suggestive località alpine del torinese, del cuneese, e anche della Valle d’Aosta, richiamando un gran numero di partecipanti (200/300 persone).
Naturalmente ciò ci rese protagonisti nelle varie edizioni della “Festa delle neve Regionale CTG”.

Poiché, come è noto, l’appetito vien mangiando presto nacque l’idea di trascorrere insieme le vacanze, e fu così che l’amico “Vice” (Don Enriore), divenuto nel frattempo Parroco, ci dotò di ¾ tende permettendoci di realizzare il nostro primo campeggio estivo a Gressoney la Trinitè, e l’anno successivo a Champoluc.

Poi venne l’esperimento del campeggio volante; su suggerimento di Don Enriore tracciammo un itinerario attraverso le Dolomiti, che avremmo affrontato con 3 poderose “600” messe a disposizione dalla parrocchia, e da Torino Chiese. Per dovere di cronaca ogni autovettura portava 4 persone più relativi bagagli e pesanti tende da montare ogni sera, e smontare la mattina seguente.

Per dare tono alla carovana decidemmo di battezzare i tre roboanti mezzi:
“ARALDA LA SPAVALDA
VERONICA LA SUPERSONICA
E per finire… GIGETTA LA CARRETTA”

Cortile parrocchiale ore 7.00 dell’agosto 1959. Si parte per la 1° tappa, meta lo STELVIO!
Ore 8,30 tutti fermi al centro assistenza Fiat di Chivasso……l’acqua bolle…..!

Recuperammo la giornata, e lo Stelvio ci accolse nel tardo pomeriggio con un vento gelido che limitò la nostra visita a pochi minuti.
Seguirono bellissimi panorami dolomitici che ci accolsero nei giorni successivi tra le spassose avventure che con la nostra combriccola non mancavano mai. Le scarse risorse economiche non ci permisero molti assaggi delle specialità culinarie locali, ma cucinando uova sul cofano della macchina, e gigantesche insalatone completammo il tour in dieci giorni.
Nell’anno successivo – il 1960 - un nostro piccolo gruppo accompagnò Don Enriore nella vicina Svizzera in cerca di idee per realizzare nuove e moderne chiese, che avrebbero dovuto sorgere nei nascenti grandi quartieri di una Torino in forte espansione industriale.
Tra gite, escursioni, campeggi fissi e volanti, mentre prendeva forma l’idea di una casa per le vacanze, un nostro giovane vice-parroco – musicofilo - diede vita a quella che diventò una delle più conosciute corali del torinese ovvero il “Coro Stelutis”, coro misto a quattro voci che proponeva canti popolari e di tradizione alpina, guidato e diretto dall’appassionato Don Giovanni Payno.

divina provvidenza

La corale divenne il punto di forza delle gremite serate organizzate all’interno del cinema parrocchiale in occasione della presentazione del calendario delle nuove attività, o a chiusura della stagione con premiazioni e proiezione di diapositive.
Per rendere ancora più interessanti i nostri incontri vennero introdotte alcune scenette tratte dai manuali per oratorio, ma soprattutto scaturite dai dialoghi, e dalle esilaranti battute che nascevano del tutto spontaneamente dall’affiatamento del gruppo.
E così decidemmo di cimentarci in un vero e proprio copione per una rivista che accogliendo le nostre varie esperienze titolammo
“BROD VEI”
non in onore ai fasti americani, ma semplicemente nel nostro dialetto piemontese per dire “brodo vecchio”.
Partimmo inizialmente dal palco ricavato nel sottochiesa
Fu un vero successo, quindi decidemmo di riprovarci.

Così con l’aiuto del caro amico Enzo Ibertis riuscimmo ad imbastire la storia di un ricco possidente di allevamenti di polli che, dopo aver subito un grave furto, decise di assoldare due famosi detective privati inglesi; il divertente racconto che, in onore dei polli si decise di intitolare “Interpol”, prese vita attraverso allegre scenette, canti, balli e tanta musica, che ci vide debuttare nel nuovo ed attuale salone - cinema.

Una menzione a parte la merita la ricca sceneggiatura che con il nostro eclettico Giulio Orecchia ci vide utilizzare parte dei ponteggi con cui si stava realizzando la nuova chiesa, per non dire degli impianti elettrici che, involontariamente, ci portarono a causare un black-out serale in borgata Parella, mentre Don Enriore si esprimeva, in modo poco evangelico, sulle nostre prodezze. Ma alla fine un successo con tanto di replica.

Sempre a cura del carissimo Don Payno – direttore del coro – prese vita la sezione filodrammatica che per diverse stagioni mise in scena, con grande successo, brillanti e spassose commedie di noti autori locali.
Correva l’anno 1952, e in febbraio il CTG Regionale organizzò l’annuale festa della neve in quel di Champoluc, bellissima località della val d’Ayas in Valle d’Aosta. Intenzionati a conquistare qualche vittoria nelle varie attività proposte, mettemmo insieme una bella e numerosa comitiva, e partimmo in allegria.
Durante il viaggio, nel tratto Brusson-Champoluc, stavamo attraversando la frazione di Extrapieraz quando la nostra attenzione fu attratta da un bel fabbricato alberghiero terminato solo nella parte strutturale di muratura con un grande cartello “VENDESI”……ecco la soluzione tanto sognata per i soggiorni dei nostri giovani.
Tornati a Torino decidemmo immediatamente di lanciare la proposta al nostro super dinamico parroco, nonché direttore di Torino Chiese Don Enriore; erano le 20.00 di una domenica sera, e alle ore 8.00 della mattina seguente partimmo con il “maggiolone parrocchiale” alla volta di Extrapieraz, dove ci accolse la simpatica signora Cesira proprietaria del fabbricato, e gestrice dell’unico Bar-Trattoria del paese. Fu l’inizio di una straordinaria e indimenticabile avventura per tutti noi.
Correva il mese di febbraio del 1962 e Torino si era contraddistinta per la grande celebrazione del centenario dell’Unità di Italia del 1961.
Don Enriore, grazie alle sue capacità manageriali, concluse al meglio, e con la massima rapidità, la trattativa per l’acquisto dell’immobile, e incaricò alcune prescelte imprese di portare a compimento tutti i lavori ancora necessari per rendere il fabbricato pronto all’uso.
Fu una corsa contro il tempo, ma ad agosto 1962 si inaugurò la tanto sospirata casa alpina della “DIVINA” ad Extrapieraz.

divina provvidenza

La struttura comprendeva un seminterrato sotto il livello stradale, aperto verso valle, dove si trovavano i magazzini, le dispense, una spaziosa cucina di tipo industriale, e dal lato opposto al vano scala una tipica cappella di montagna per le funzioni religiose.
Al piano strada un ampio bar con retro deposito e ufficio fungente da reception, mentre dall’altro lato si sviluppava un salone terrazzato in grado di accogliere a tavola 80/100 persone, al primo piano si trovavo le camere per il personale, e una grande camerata per i ragazzi, che occupavano anche tutta la parte mansardata.

Infine, verso valle, si estendeva un’ampia area di terreno di pertinenza del fabbricato.

Don Enrico Coccolo guidò questa prima edizione di CASALAPINA, mentre il sottoscritto coordinava le attività dei ragazzi (tutti oltre i 15/16 anni alcuni ancora studenti altri già inseriti nel mondo del lavoro), ma il clou di questa prima inaugurale stagione fu la serata di ferragosto.
Infatti, per dare lustro all’avvenimento, con Don Enriore scendemmo a Torino per acquistare, da una nota armeria, una serie di fuochi artificiali. Dopo una cena decisamente molto speciale con tanto di dolce finale e spumante per brindare, tutti furono invitati all’esterno sotto il terrazzo per assistere al piccolo spettacolo pirotecnico allestito sul declivio di fronte all’area ristorazione:

……CENA….BRINDISI…….PIROTECNICO…….e poi Monsignore declamò ad alta voce: “E ORA SECONDO RINFRESCO!!!!”

così dal terrazzo insieme ad altri due amici iniziammo ad bagnare i sottostanti con secchiate d’acqua e tubi di gomma per innaffiare, e nonostante l’altitudine e il clima fresco tipico della montagna ad agosto la battaglia durò fino a tarda notte; “EXTRA” aveva così ricevuto il suo battesimo.

Gli anni successivi videro il consolidarsi della nostra attività sotto tutti i profili, venne, infatti, acquistata una bella e spaziosa villetta con numerose camerette adatte alle ragazze, e a piccoli nuclei familiari accanto alla quale sorsero 4 casette unifamiliari; vennero, inoltre, realizzati campi sportivi, e da bocce e riuscimmo ad organizzare la festa della NEVE-STELUTIS di fronte a casa!
Il “nodo” più importante era, senza dubbio, rappresentato dalla gestione quotidiana della ristorazione affidata alla capace signora Rossotto, che coadiuvata da altri volontari ci stupiva e allettava ogni giorno con i suoi semplici ma gustosi manicaretti.
Il secondo anno vide come aiuto cuoco anche il carissimo signor Antonio Locci papà dell’allora chierico Don Franco Locci.
Negli anni a seguire la casa alpina fu in grado di accogliere durante le vacanze estive, grazie al contributo e al supporto organizzativo dei fratelli Marianisti, tantissimi ragazzi in età scolare.
Indelebile nelle nostre menti resterà sempre il ricordo dei prof. Frank, Grattarola e Formentin per le belle avventure, e indimenticabili esperienze vissute insieme.
Come non ricordare il nostro amico “esploratore”, membro della “SUCIA” e più volte ospite di Casa Alpina, Beppe TENTI divenuto nel corso degli anni un noto promotore turistico conosciuto da tutti per i docu-viaggi di “OVERLAND”.
Proprio dalla sua mente brillante nacque l’idea di lasciare tra le nostre amate montagne un duraturo e tangibile segno dell’amore verso la natura, e del passaggio in valle dei giovani, e meno giovani della Madonna della Divina Provvidenza. Tutto si concretizzò con la realizzazione e successiva posa sulla cima del “Polluce” di una statua di bronzo raffigurante la Madonna della Divina Provvidenza, realizzata dallo scultore Giovanni Cantono, e fusa in tre pezzi per facilitarne il trasporto sulle splendide vette del “ROSA” ai 4000 mt.

Ma la mente di Beppe continuava a girare a mille, organizzò infatti una grande spedizione partendo proprio da Extrapieraz, e che vide ben 80 amici raggiungere la meta in numerose cordate, correva il giorno 18 agosto 1965….

divina provvidenza

Purtroppo il passare degli anni, e delle generazioni pesò sempre di più su quella che era il nostro orgoglio di parrocchiani, e con grande rammarico anche “EXTRA” finì per essere venduta. Correva l’anno 1973.

Ottobre 2023

Beppe Bertolino e Carlo Bergamini

2.3. Molgora don Enrico – profilo biografico

Don Enrico è nato a Busnago (MB) il 3 giugno 1950 e battezzato nella sua chiesa parrocchiale il giorno dopo. Appartiene a famiglia numerosa, e ben affiatata. Riceve la santa Cresima dal card. Montini, futuro Papa Paolo VI, oggi Beato. A undici anni entra nel Seminario del Cottolengo, meglio noto come il seminario dei Tommasini. Termina la sua formazione nel 1975 quando viene ordinato prete dal Card. Michele Pellegrino il 13 settembre 1975 al Santuario della Consolata.

E’ accolto da Mons. Enriore quale vice parroco alla Madonna della Divina Provvidenza e vi rimane per 32 anni, di cui gli ultimi dodici (1995-2007) come parroco. Si dedica ai ragazzi e ai giovani, organizza campi estivi ed invernali, è impegnato nell’Insegnamento della Religione cattolica nella Scuola Media parrocchiale. Collaborano con lui le Suore del Santo natale, suor Balbina , suor Riccarda e poi suor Milva. Cresce come prete nella scia di Mons. Enriore, ne condivide lo spirito e lo slancio, e ne diventa una dei più fedeli collaboratori. Molto significativo il ricordo che custodisce di lui.

Accompagna mons. Enriore nella sua malattia e morte (1995) e ne riceve l’eredità. Collaborano con lui in successione don Domenico Cattaneo, don Roberto Volaterra, don Enrico Iozia, don Paolo Mirabella, e don Lucio Casto. In modo continuativo padre Luciano Viano s.j. Tra le opere realizzate o avviate, ricordo la ristrutturazione dell’alloggio delle Suore della Carità, da dedicarsi alla pastorale vocazionale, e i due ascensori della Chiesa e della casa di via Asinari di Bernezzo 34, la manutenzione straordinaria e le rifiniture della Chiesa parrocchiale

Nell’estate del 2007 è trasferito nella parrocchia Maria Madre della Chiesa. Nel 2014 accusa i primi sintomi della malattia che affronta con pazienza. Riceve il Sacramento dell’Unzione dei malati da don Francesco Saverio Venuto e termina la sua battaglia terrena il giovedì 15 dicembre intorno alle 12, a Verderio , nella casa del fratello. Riposa nel Cimitero di Busnago dove è stato sepolto il sabato 17 dicembre 2016.

In occasione dei suoi 40 anni di Ordinazione presbiterale, don Volaterra scriveva così: “di don Enrico mi ha sempre colpito la sua fede schietta, la sua risposta pronta ad ogni domanda umana o cristiana che noi ragazzi e giovani gli ponevamo, certamente frutto di una sua profonda formazione culturale, ma soprattutto frutto del suo essere uomo di Dio”. Congedandosi dalla parrocchia Madonna della Divina Provvidenza don Enrico disse: “ La fede nella Provvidenza di Dio non mi ha lasciato, la sua forza mi sorregge. Quella Provvidenza a cui ho sempre affidato la mia vita, mi trova anche oggi deciso a percorrere i cammini che per me vuole tracciare, con totale disponibilità. Insieme, diamo alla Provvidenza il tempo di rivelarci i doni che ha in serbo per noi, conducendoci oggi sulla strada del distacco”.

La testimonianza che le due comunità che ha servito gli hanno dato in occasione dei suoi funerali fa pensare che il suo passaggio tra noi ha lasciato il segno giusto in tantissimi. Non dobbiamo dimenticare che mancavano quei “poveri” che lui ha servito e con i quali ora – lo speriamo cordialmente – canta la misericordia di Dio.

Torino, 19 dicembre 2016

Don Sergio Baravalle

2.4. MDP: 17/100

La parrocchia dal 2007 al 2025

Introduzione

Ho iniziato il mio servizio pastorale alla MDP il 15 settembre 2007, “accompagnato” dal caro mons. Guido Fiandino e da un gruppo di amici preti. Avevo 55 anni e provenivo da un impegnativa esperienza nel Seminario Maggiore di Torino (2000-2007). Ora di anni ne ho 72.

Con il seguente contributo non intendo fare il bilancio del servizio pastorale, che non è ancora giunto al termine, ma offrire elementi per una rilettura comprensiva dell’esperienza, e tutta orientata a preparare il futuro. Mi sembra un buon modo di celebrare il centenario.

Il mio contributo si aggiunge a quelli che riguardano la parrocchia negli anni precedenti, con lo scopo dichiarato di offrire occasione a coloro che lo vorranno, di integrare documentare, e se il caso, correggere, per arrivare a ricomporre il quadro fedele della storia dei cento anni.

Si tratta di un segmento della storia della salvezza dove il Signore ha guidato il suo popolo attraverso le vicende che l’hanno caratterizzato. La rilettura di questa storia potrà portare a benedire il Signore, a ravvivare la nostra fede proprio mentre viviamo una stagione di profondi cambiamenti, sempre in comunione con la Chiesa diocesana di cui siamo porzione, e della Chiesa universale.

La parrocchia nell’UNITA’ PASTORALE 10 Parella.

1925

1935

1945

1955

1965

1975

1985

1995

2005

2015

Battesimi

40

126

130

304

568

222

116

57

76

63

Cresime

81

216

139

278

504

183

110

90

90

70

60

Matrimoni

24

87

74

179

218

69

55

42

22

14

Morti

29

127

82

113

150

55

41

33

94

130

NB. Dati relativi alla sola Parrocchia Madonna della Divina Provvidenza.

In evidenza desidero portare l’attenzione sull’UP 10 Parella (cinque parrocchie: La Visitazione, Santa Giovanna d’Arco, sant’Ermenegildo, Santa Maria Goretti e la nostra; prima del 1959 era una sola parrocchia, poi sono via via nate le altre). Il motivo di questa scelta è presto detto, anche se nella realtà abbiamo fatto i conti con problemi, resistenze, lentezze, che meriterebbero una più attenta riflessione. Si è trattato di prendere atto che la parrocchia come istituzione ecclesiale è giunta al capolinea. Già il Card. Poletto lo sosteneva quando all’inizio degli anni 2000 diede vita alle Unità pastorali. Lo sostenne in quell’operazione don Giovanni Villata, spesso incompreso se non proprio ignorato. Che la parrocchia fosse giunta al capolinea lo disse con parole più nette Mons. Nosiglia quando rilanciò le Unità pastorali. Non solo e non tanto perché mancavano i preti, ma perché era cambiato il mondo ecclesiale e il mondo civile. In questo contesto ritenni prioritario investire risorse e tempo nell’animazione dell’UP 10 , anche alla luce del fatto che per 14 anni sono stato Moderatore. “Se vuoi arrivare primo cammina da solo, se vuoi arrivare lontano cammina insieme”- dice un saggio proverbio africano.
Ricordo alcune caratteristiche di questa esperienza.
a. Non abbiamo mai forzato la mano a nessuno, ma ci siamo impegnati a fare il possibile (ricordo l’astuta e provvidenziale avvertenza del card. Poletto nella sua Lettera pastorale del 2001 a pag. 82). In modo pragmatico ci siamo applicati ad individuare iniziative che non destabilizzassero la vita delle parrocchie, pur cercando di aiutarle.
b. Preoccupazione condivisa era la ricerca del massimo consenso tra i parroci. Pur essendo pochi, non volevamo ignorare o trascurare nessuno. Luogo di elaborazione e deliberazione era l’Equipe di UP dove con i parroci erano presenti i segretari del CPP, un rappresentante della Vita Consacrata e dell’associazionismo (AC).
c. Abbiamo avuto a cuore la coltivazione di buoni rapporti di stima e di amicizia che hanno trovato nella condivisione della mensa (come nel caso degli anniversari di ordinazione) e della preghiera i momenti importanti del nostro cammino. Un piccolo aiuto era dato dal verbale di ogni riunione.
d. Principali risultati raggiunti. E’ diventata una tradizione la programmazione di quattro incontri a settembre per studiare, confrontarci e condividere decisioni di comune interesse. Abbiamo cercato di dare alla pastorale giovanile un affiatamento ed incisività maggiori, anche con l’assunzione di un educatore professionale, e la costituzione di tre circoli Noitorino. Ecco un elenco incompleto di iniziative comuni: corso per lettori della parola, corso sul nuovo Messale romano, su Amoris Laetitia, corso per la pastorale della consolazione, sui nuovi ministeri…Alcune iniziative sono state mantenute nel tempo: la partecipazione alla SPUC (settimana di preghiere per l’unità dei cristiani), la festa della vita consacrata, la Via Crucis di borgata, la campagna Uniti nel dono, l’annuale corso di preparazione alla vita cristiana da adulti con la Cresima…
e. a titolo di verifica, si può dire che non siamo riusciti a superare le tensioni tra la vita delle parrocchie (con le loro programmazioni ed esigenze) e la vita dell’UP ancora percepita come peso e fatica in più. In particolare resta da affrontare la tensione tra il CPP di ogni parrocchia e l’Equipe di UP. Significativi ma insufficienti i tentativi di riunire insieme i quattro CPP.

Azzardo una ipotesi o proposta: avviamo l’elaborazione di linee comuni di pastorale della città (elenco possibili temi: le feste nel nuovo contesto multiculturale e multi religioso, l’iniziazione cristiana, i rapporti tra uomini e donne, l’azione dei cattolici in politica e nella vita civile….). L’occasione e il contesto di riferimento può essere l’annunciata predicazione dell’Arcivescovo per l’anno pastorale 2024-25. Proviamo insomma ad affrontare il problema allargando gli orizzonti, e crescendo nello stile sinodale.


 

Pastorale della consolazione.

Dal registro degli atti di morte risulta con chiarezza il fatto che questo è stato l’impegno principale in termini di tempo. L’attenzione dedicata a questo momento delicato e importante della vita di fede dei parrocchiani e della azione pastorale si comprende facilmente. Un altro elemento è suggerito dai dati e confermato dall’esperienza: la secolarizzazione fa sentire la sua presa anche sul morire dei cristiani e sulle forme del congedo. Sia dal punto di vista soggettivo (i singoli fedeli fanno fatica a vivere la morte dei propri cari con spirito di fede) sia dal punto di vista oggettivo (poco per volta avviene il distacco dalle forme tradizionali dell’elaborazione del lutto). Discorso a parte, che occorre affrontare con urgenza, merita il problema della tumulazione o della cremazione.
E’ da ricordare che dal 2 novembre 2012 la Chiesa ci ha dato il nuovo Rituale delle esequie, con significative novità nel linguaggio e nell’articolazione del tempo del lutto. Il rituale testimonia il grande sforzo fatto per cercare di rispondere alle sfide del tempo. E’ stato ed è un grande aiuto per mantenere la buona qualità di questo servizio delicato e importante.
Su nostra iniziativa nell’anno successivo il 2013 abbiamo proposto ai parrocchiani due novità significative, se ne è occupato il CPP, è stato esposto sul giornalino parrocchiale, ne abbiamo parlato nell’equipe di UP 10.
Il rituale propone una Veglia di preghiera che valorizza la Parola di Dio, la Professione di fede, la supplica, e solo in subordine, la possibilità del Rosario; seconda novità: la liturgia della Parola, invece che l’Eucarestia (che viene sempre celebrata quando richiesta).
Entrambe le novità meritavano adeguata spiegazione. Era anche necessario promuovere e abilitare un gruppetto di collaboratori disponibili al servizio. E così avvenne. Da più di dieci anni il nostro servizio pastorale si qualifica per il concorso di più operatori, per la Veglia che ha sostituito il Rosario – anche se non mancano le eccezioni-, e per la celebrazione della liturgia della Parola, sempre con l’aiuto di organista e canto.

L’iniziazione cristiana. La pastorale del Battesimo

Guardiamo i dati statistici sia dell’UP che della parrocchia.

Rispetto alla curva discendente, registriamo che cosa è stato fatto sia a livello episcopale che a livello diocesano e parrocchiale.
A livello di Magistero episcopale ci corre obbligo ricordare l’iniziativa della CEP, Una Chiesa madre, 2013 con l’idea suggestiva ma al momento non realizzata del ponte a tre arcate.
Inoltre, dobbiamo ricordare la lettera pastorale di Mons. Nosiglia “ Devi nascere di nuovo” 08-09-2012, nonché gli Orientamenti per la Pastorale battesimale.

Contestualmente va ricordata l’istituzione del Servizio di pastorale battesimale affidato alla cura e intraprendenza della d.ssa Morena Baldacci.

In parrocchia abbiamo provato ad agire a più livelli.

Abbiamo cercato di collocare i Battesimi dentro la liturgia eucaristica domenicale o, comunque, in una dimensione di comunità rappresentata da più famiglie. Ci siamo impegnati a valorizzare il Battistero in pietra, e la sua collocazione laterale della nostra chiesa parrocchiale. Il progetto di una rivisitazione del Battistero che prevedeva maggiore luminosità e uno spostamento al centro della cappella battesimale non è andato a buon fine.
Abbiamo acquisito nel repertorio comune del coro e dell’assemblea alcuni canti idonei e alcuni interventi cantati (al momento della benedizione dell’acqua e dopo ogni segno esplicativo).
Nella preparazione o accoglienza ho tentato di dare vita ad una equipe battesimale (con risultati insufficienti per mia responsabilità) e di “riscrivere” l’approccio al Battesimo stesso con la preoccupazione di valorizzare molto l’esperienza della nascita per mettere a fuoco l’esperienza della rinascita nella vita dei figli di Dio.
Inesplorato ma desiderato il percorso (ipotizzato nella Lettera Pastorale di Nosiglia e negli Orientamenti) della mistagogia dagli 0 ai 6 anni.

Che valutazione si può dare di questa situazione pastorale e che prospettive si aprono
davanti a noi?

A me sembra che si debba acquisire la novità costituita dal Pontificato di papa Francesco che ha aiutato la Chiesa a riconsiderare l’eredità conciliare al di là di restrizioni o rallentamenti (che hanno avuto i loro buoni motivi) e a restituire slancio riformatore alla dinamica ecclesiale.
Valgano due riferimenti su tutti: l’Amoris laetitia e il sinodo sulla sinodalità.
A questa osservazione, bisogna aggiungerne una seconda, l’articolazione della prospettiva antropologica che fa da sfondo alla proposta di Nosiglia del 2012 ha registrato integrazioni, precisazioni importanti, chiarimenti che non possono essere ignorati.
C’è da credere che molto lavoro debba essere ancora fatto per dare alla pastorale battesimale una fisionomia meno acerba e più matura. Tale lavoro non può essere imputato ai parroci e loro collaboratori, anche se non deve essere una esclusiva dei teologi o pastoralisti.
Il sentiero è tracciato sia per quanto riguarda la complessiva prospettiva iniziatica (il ponte con tre arcate) sia per l’articolazione di massima dell’itinerario e del metodo sinodale per definirlo e renderlo pastoralmente fecondo. Forse, si attende anche una matura sintesi dal punto di vista dell’antropologia teologica, che valorizzi e ordini quanto finora imbastito e anticipato.

L’Iniziazione cristiana con la Cresima e l’Eucarestia

2012

2013

2015

2016

2019

2020

2021

2022

2023

Battesimi

186

180

162

150

122

63

127

106

103

P.Comunioni

226

234

223

189

176

146

187

152

114

Cresime

201

181

187 189

159

55

145

155

118

Matrimoni

41

32

33

32

24

11

23

30

23

Morti

373

351

352

297

418

403

403

NB: dati relativi all’Unità pastorale 10 Parella.

Anche questo ambito della vita della nostra chiesa ha visto la progressiva inarrestabile diminuzione,
come documenta il quadro statistico. Dal 2007 al 2025 abbiamo assistito alla presa di coscienza
dell “ invecchiamento” dei catechismi CEI, ma anche della scoperta o riscoperta della figura del catechista. Chi si è messo in gioco, non senza fatica ma con rinnovato stupore, ha potuto scoprire la bellezza della vocazione del catechista in questo tempo di grandi cambiamenti.
Sempre in stretto contatto con l’ufficio catechistico abbiamo dapprima avviato l’esperienza “catecumenale”, così come proposta da don Andrea Fontana.
Qualche anno dopo, recuperando alcune osservazioni, abbiamo “ sposato ” la proposta Tobia sin dal suo inizio.

Sottolineo alcuni aspetti che mi sembrano conferire un valore positivo al cammino fatto.

a) una proposta diocesana che mira a superare il “fai da te ” parrocchiale, la formazione in comune con altre catechiste e i catechisti della diocesi, pur comportando qualche problema pratico, ha però costituito un elemento assolutamente positivo.
b) la migliore valorizzazione della Parola di Dio.
c) Sensibilità e avvedutezza didattica, facendo ricorso a metodi di apprendimento più vicini a quelli noti della scuola pubblica, per superare l’approccio del catechismo come dottrina, senza perdere il valore insostituibile del contenuto.
d) Il legame strutturale con il rito, il simbolo e la liturgia.
e) L’attenzione continua al legame con la famiglia. Per questo aspetto dobbiamo registrare molteplici difficoltà e la necessità di qualificare meglio l’esperienza.
f) Il tentativo non riuscito di armonizzare il cammino di fede con le esperienze di oratorio.

Per il futuro prossimo porto l’attenzione sui seguenti aspetti:
come ha suggerito Mons. Repole e come abbiamo maturato noi stessi, concentriamo il cammino di fede in quattro anni, corrispondenti alla seconda elementare fino alla quinta, ma senza vincoli stretti con la scuola. Seguiamo la proposta Tobia che caratterizza il primo anno come primo annuncio; il secondo come anno della Riconciliazione; il terzo anno come avvio della piena partecipazione all’Eucarestia, il quarto con la Cresima.
Ritengo saggio rimanere nel tempo della fanciullezza con le sue caratteristiche segnalate dalla psicologia evolutiva, oltreché dall’esperienza. Con il tempo della preadolescenza e dell’adolescenza ci disponiamo a seguire le proposte che sono in fase di pubblicazione da parte del centro diocesi.
Dal punto di vista dei contenuti, si dovrà approfondire una prospettiva antropologica che valorizzi in modo non occasionale il ruolo della famiglia, la funzione del gioco non come diversivo o riempitivo ma come espressivo delle dinamiche della crescita del fanciullo, l’incidenza della sofferenza e della malattia (del limite!) e della disabilità, e il mondo digitale. Una più puntuale e documentata attenzione a questi aspetti della vita consentirà al cammino di fede di ricuperare credibilità e interesse.

La pastorale giovanile oggi

INTRODUZIONE E PREMESSE
Parlare di pastorale giovanile oggi, nel nostro tempo, è un’ardua impresa. Dopo il covid è emerso impetuoso il bisogno educativo delle nuove generazioni, con i disagi legati ad esse. Per i nostri oratori, che sono luoghi squisitamente educativi, serve parlare di un progetto educativo, di formazione, serve riconoscere che l’oratorio non è solo il luogo del gioco, dello svago, del trovarsi insieme. Necessario dirsi e ri-dirsi (come faremo qui sotto) il perché dell’oratorio. Per progetto intendiamo i punti fermi (i 5 pilastri che saranno qui sotto sviluppati) e gli obiettivi che vogliamo raggiungere per noi e per i giovani. Così come anche è fondamentale, per parlare di progettualità, agganciare il discorso della pastorale giovanile al decisivo discorso della catechesi dei bambini e dei ragazzi, cammino di fede che ritrova come snodi principali i Sacramenti dell’iniziazione cristiana e il Sacramento della Riconciliazione. La pastorale dei giovani diventa quindi il terzo passo della vita cristiana, preceduto dalla pastorale battesimale e dagli anni di catechesi. Un unico cammino di vita di fede, con più arcate se vogliamo usare l’immagine felice di un “ponte”, che tiene insieme le età della vita, e immette nella vita. Infatti la pastorale giovanile che scaturisce dal Sacramento della Cresima, così come la Chiesa nasce dalla Pentecoste, immette nella vita della Chiesa e del mondo. Un giovane laico nel senso più vero del termine, cioè che fa parte del “popolo (laòs) di Dio”, del popolo dei consacrati con il Battesimo, è chiamato a vivere la sua vita di fede nel mondo, vicino agli uomini e alle donne del suo tempo, per essere “sale della terra e luce del mondo”.
Il tempo del covid ha dato uno scossone alle nostre pratiche pastorali, alle usanze e alle abitudini. Abbiamo dovuto, perché costretti, fermare molte iniziative che da anni nelle nostre comunità si portavano avanti senza saperne più il perché. È rimasto invece ciò che era ed è essenziale. La ripresa dopo i vari lockdown, ci ha consegnato una consapevolezza maggiore della necessità di proposte formative alte, di attività educativamente competenti, di esperienze di fede profonde, di aver più bisogno di imparare a pregare pregando, di approfondire il nostro rapporto con Dio nella realtà viva ed efficace dell’oratorio. Nella nostra diocesi, già prima del covid, il vescovo Cesare Nosiglia ha indicato tutto questo nelle sue lettere pastorali del 2017 “Maestro dove abiti?” (il secondo capitolo), e quella del 2018 “Vieni! Seguimi!” (il primo capitolo). A dire il vero siamo debitori al vescovo Cesare per questi due documenti perché qui dentro si trovano le linee guida di una autentica pastorale giovanile. I pilastri qui sotto indicati ed analizzati, non sono altro che una rivisitazione dei contenuti di Nosiglia, e si rifanno ad un articolo di Rossano Sala del 2023, dal titolo “Dai loro frutti li riconoscerete. Sulla fecondità vocazionale della pastorale giovanile” (in Note di Pastorale giovanile 2/04/2023). Punto fermo imprescindibile per pensare una pastorale giovanile organica è il lavoro del Sinodo dei Vescovi sui Giovani, sfociato nel Documento Conclusivo (2018) e nella lettera di Papa Francesco Christus vivit (2019). Con questo sguardo di insieme sulle premesse possiamo addentrarci nella dinamica della pastorale giovanile di questi anni più recenti e vicini alla grande festa del Centenario della nostra Parrocchia.

I 5 pilastri della pastorale giovanile
  1. DIMENSIONE EDUCATIVA E UMANA Nel nostro oratorio si dà molto spazio a questa dimensione: basti pensare a tutto quello che compone questa pilastro: qui troviamo tutto quello che è ludico-ricreativo, giochi, feste, tempo libero speso in oratorio, serate gioco, il fanta, le partite di calcio, … ecc… cioè tutto quello che aiuta a crescere nella compagnia, nello stare insieme, nel divertimento non solo fine a sé stesso ma come occasione per conoscersi meglio, per apprezzare gli altri, per crescere nelle relazioni, per il piacere della compagnia… ma qui in questa categoria troviamo anche quello che di organizzato e proposto, come ritiri settimane comunitarie sabati pomeriggio camminate pellegrinaggi ritiri campi ecc. che sono anche occasioni per crescere nell’amicizia, nella compagnia.“L’oratorio è ambiente che plasma le persone che lo abitano dal momento che vi è in esso una forza formativa che sgorga dalla molteplicità di relazioni e azioni che ne caratterizzano la vita ordinaria e la dinamica interna. (…) La sua incidenza dipende dalla sua vitalità, dalle forme concrete attraverso le quali l’intenzionalità educativa di fondo viene tradotta dalle persone e dall’impianto organizzativo. L’oratorio è pensato come realtà per la crescita umana e cristiana delle persone. (…) Un aspetto peculiare dell’attuale realtà oratoriana è quello di pensarsi come ambiente di prossimità, vitale e significativo, a misura di ciascuno, dove la familiarità della relazione e la cura delle attività convivono insieme”Quello che viviamo in oratorio deve aiutarci a vivere bene le mie esperienze fuori. La mia vita fuori e il mio servizio in oratorio non sono due cose distinte e separate, ci vuole coerenza di vita. Non è possibile non essere amici se ci lega l’ideale alto e grande dell’oratorio! Come fare?
    - Volersi più bene, guardare gli altri con occhi positivi, togliere quella patina di negatività e malizia dal nostro sguardo
    - Vivere l’oratorio come una casa, sentire come nostre le attività e quindi anche curare i luoghi e gli spazi, clima di famiglia
    - Correzione fraterna per aiutarsi a crescere, perché qui è più facile (se lo si vuole!) correggersi, più facile dirsi dove è necessario correggersi e crescere
  2. ANNUNCIO DEL VANGELO Questo punto forse non è il primo che arriva alla famiglia media che porta i bambini/ragazzi in oratorio, ma è necessario che ci sia! “L’oratorio offre il clima adeguato alla trasmissione della fede che, lo sappiamo, avviene attraverso una comunità di buone pratiche piuttosto che per mezzo di una nozionistica astratta e fredda. (…) Per questo è ovvio che la cura della catechesi si coniuga con quella degli oratori, come i luoghi specifici di questa formazione. (…) Secondo la mente di don Bosco, gli oratori in cui non si facesse catechismo [catechismo in senso ampio: catechesi, formazione, annuncio del Vangelo, insegnamento della Chiesa] non sarebbero altro che ricreatori”“L’oratorio, rispetto ad altri luoghi formativi, si caratterizza per la specifica identità cristiana, i cui principi educativi s’ispirano al Vangelo e alla tradizione cristiana alla luce del Magistero della Chiesa. Per questo motivo ogni proposta offerta ai ragazzi ha un carattere formativo, ispirato e sostenuto dalla ricerca di un concreto e significativo incontro con la persona di Gesù Cristo, garanzia di una vita davvero felice e di una crescita nella pienezza dell’amore. (…) L’oratorio, in quanto espressione educativa della comunità ecclesiale, condivide con essa il desiderio e l’urgenza della missione evangelizzatrice, che consiste nel realizzare l’annuncio e la trasmissione del Vangelo e insieme annunciare il Signore Gesù con parole e azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel mondo. Nel compiere tale missione l’oratorio ha un suo modo specifico che si caratterizza nello stile e nel metodo, assumendo forme e attività adeguate alle esigenze e ai cammini sia del singolo che dei gruppi: esso accompagna nella crescita umana e spirituale inserendosi nel ritmo quotidiano delle persone e della comunità civile e proponendo iniziative, percorsi, esperienze, relazioni e contenuti che, in modo esplicito o implicito, vogliono favorire l’incontro con il Signore Gesù e con il suo dono di vita buona. Per questo l’oratorio si configura come un variegato e permanente laboratorio di interazione tra fede e vita”Bisogna portare i ragazzi a un concreto incontro con Gesù. Come fare?
    - Vivere la fede noi per primi, conoscere Cristo, frequentare la Messa e i sacramenti, leggere la Parola di Dio, il Catechismo
    - Quando prepariamo i formativi per i ragazzi, intanto li prepariamo anche per noi, ci interroghiamo su quegli argomenti
  3. FORMAZIONE AI VALORI MORALI È quell’ingrediente che ha a che fare con la scoperta di ciò che buono e che arricchisce la mia conoscenza del bene. Grazie a questo tassello importante io scopro cos’è il bene, e trovo la forza per metterlo in pratica. Certo, la parola morale non piace, risulta antipatica. Perché un altro dovrebbe venirmi a dire cosa fare di buono, e dove sta il male per evitarlo? Insomma, sono abbastanza adulto per cavarmela, sono abbastanza libero per scegliere come voglio… per di più la chiesa ha una morale oppressiva, la morale del no, la morale del divieto… comprendere rettamente tutto questo ha a che fare con questo terzo ingrediente. Con una acquisizione notevole però da cui partire: la morale cristiana si comprende solo partendo dalla fede. Serve quindi un cammino di fede serio per comprendere il senso della morale. Così potremo affrontare tematiche morali che hanno a che fare con la nostra quotidiana esistenza: l’educazione degli affetti e degli amori, la sessualità, la giustizia sociale, la formazione della coscienza, la carità concreta nelle relazioni, l’impegno nel lavoro e nello studio, ecc Scoprire cos’è il bene, cosa mi fa vivere felice, scoprire il valore del gioco di squadra, dell’aiuto dell’altro, dello stare insieme.Bisogna cercare di conoscere le vere ragioni per cui la Chiesa propone qualcosa. Questo viene dalla relazione personale con Cristo!“Un oratorio che voglia rispondere all’impegno di porre al centro le persone nella concretezza della loro storia, oggi è chiamato ad accrescere la sua capacità di essere risorsa educativa per le situazioni di povertà e di fragilità esistenziale, che purtroppo tendono ad accrescere. Dentro la sfida di essere oratori capaci di uno sguardo educativo e personalizzato, la questione di rendere le realtà oratoriane ambienti di prevenzione del disagio giovanile, capaci di supporto e contrasto, chiede un autentico approfondimento, accompagnato da specifiche progettazioni”Come fare?
    - Grande lavoro su sé stessi, interrogarsi, mettersi in discussione, approfondire l’insegnamento della chiesa e scoprirne l’intima ragionevolezza
    - Esame di coscienza e confessione
  4. COINVOLGERSI CON RESPONSABILITÀ Educare al protagonismo virtuoso e responsabile. Cioè rendersi disponibili al servizio, mettendo da parte i propri gusti personali che renderebbero l’oratorio un luogo e una occasione di protagonismo narcisistico, guardano al bene comune, al progetto comune, al bisogno di tutti, alla necessità dei ragazzi, al bene grande da raggiungere. Mettere in gioco sé stessi con libertà, con audacia. Così si matura, nella scoperta e valorizzazione dei talenti personali, e nella assunzione dei limiti personali come possibilità di maturazione.“Il protagonismo, sia giovanile che adulto, rimane la migliore risorsa dell’oratorio per avviare percorsi di educazione alla partecipazione e all’assunzione di responsabilità. Le vie attraverso cui in oratorio si educa al protagonismo virtuoso e responsabile danno origine a un processo di maturazione progressiva, frutto dell’interazione di più elementi che si intrecciano in modalità e intensità diverse da persona a persona: 1) via privilegiata è quella dell’“imparare facendo”, che certamente richiede un minimo di competenza, ma che soprattutto esige disponibilità ad apprendere, passione nel dedicarsi e fedeltà nel mantenere gli impegni presi; 2) contesto essenziale al protagonismo oratoriano è quello dell’agire comunitario, basato sul confronto e sulla condivisione, ragione per cui non si opera mai da soli e in forma isolata o autoreferenziale; 3) percorsi di formazione che siano in grado di sviluppare processi di approfondimento e assimilazione delle adeguate motivazioni che sorreggono e muovono l’agire personale”Come fare?
    - Ci vuole passione, entusiasmo, voglia di fare, di esserci, con una certa fedeltà all’impegno preso - Il servizio che facciamo deve essere stimolante per i ragazzi e per noi
    - Verifica personale del perché siamo qui, mettersi in discussione, senza un “perché” grande non si fa nulla
    - L’oratorio non è solo per i giovani, ma è necessario che ci siano anche adulti significativi presenti nella formazione, nelle attività, nella preparazione e verifica. Coordinamento delle attività affidato al sacerdote, all’educatore professionale, ad alcuni giovani della parrocchia, e ad alcuni adulti appassionati e competenti
  5. CURA A TU PER TU DEL CAMMINO DI FEDE L’oratorio non offre solo attività di gruppo, ma anche la possibilità di confronto a tu per tu con una persona più grande, in particolare col sacerdote. Serve per capire se la vita di fede illumina la mia vita personale, le cose che faccio mi toccano? Mi lascio interrogare da ciò che vivo? Il servizio in oratorio mi dà uno sguardo nuovo sul mio studio, lavoro, amicizie, relazioni, ecc.? La fede tocca la mia vita? Vivo una vita in binari paralleli che non si toccano mai? Non c’è niente della nostra vita che non interessi al Signore, e non c’è niente di ciò che viviamo in cui il Signore non possa dire la sua parola! “Avere a cuore educativamente tutta la persona significa inoltre necessariamente considerarla nella sua singolarità, nelle specificità della sua condizione. Questo significa per gli oratori essere capaci di uno sguardo educativo personalizzato, che si traduce nel cercare di essere ambienti sempre più attenti alle storie dei singoli, contesti inclusivi e accoglienti capaci di accompagnare la crescita delle persone con attività e proposte a misura delle diverse età e delle diverse situazioni di vita. Il tema dell’accompagnamento educativo [e spirituale, ndr] del singolo, più volte richiamato dal papa Francesco [in Christus vivit, ndr], rappresenta oggi un nodo cruciale dei contesti educativi perché chiama in causa la capacità di coniugare l’essere ambienti a misura di tutti e contemporaneamente di ciascuno”
    - Trovare un tempo per parlare con don Samuele sul proprio cammino personale, se cioè quel che si vive in oratorio incide sulla vita e fa crescere nella fede.

    - A nostra volta curiamo le relazioni “a tu per tu” con i ragazzi e i bambini, noi possiamo farlo con loro, conoscerli e farsi vicini
     

CONCLUSIONE
La caratteristica fondamentale della formazione cristiana è la dimensione vocazionale! Per questo serve un cammino di autentico discernimento basato sui 5 punti di sopra. Se l’oratorio funziona bene verranno fuori tante vocazioni di santi, persone che scelgono di giocarsi la vita per qualcosa di grande e che sia amore!

“La caratteristica fondamentale dell’educazione cristiana è la dimensione vocazionale, che in oratorio si intreccia con l’accompagnamento dei ragazzi e la testimonianza di vita data dagli educatori. Tale dimensione scaturisce dalla visione della vita come dono che porta in sé uno stupendo progetto di Dio. La realizzazione di una progettualità vocazionale, capace di rispondere al desiderio di felicità, alla ricerca della verità e al bisogno di comunione fraterna, offre ai ragazzi e ai giovani gli elementi necessari per un cammino di autentico discernimento verso la piena maturità. L’approccio vocazionale favorisce e sostiene il progressivo manifestarsi del progetto di Dio nella vita di tutti coloro che frequentano l’oratorio. Occorre iniziare i giovani alla vita come risposta a una vocazione, aiutandoli a vedere che il loro cammino di sequela di Cristo va realizzato concretamente in uno stato di vita, senza timore di fare proposte esigenti e mostrando che per tutti c’è una chiamata e un progetto di santità. Il profilo vocazionale della proposta oratoriale si manifesta concretamente nello stile di animazione degli educatori e nella proposta degli itinerari educativi. Tutte le attività dell’oratorio costituiscono pertanto occasioni proficue per far maturare un adeguato senso vocazionale. La gradualità è il criterio imprescindibile per accompagnare i ragazzi e i giovani nelle tappe della loro crescita, tenendo fisso lo sguardo sulla meta del progetto educativo, che costituisce il paradigma di tutta la proposta oratoriale: la maturità integrale, umana e religiosa, dei ragazzi e dei giovani”

 

Don Samuele Moro

I futuri sposi

Ho trovato valida collaborazione in un gruppo di sposi che hanno accettato di accompagnare verso le nozze i giovani che chiedevano di sposarsi. Erano Giuseppe Castello, Piero Bonello e Marina Calzolari, Sergio Graziana, e Giuseppe Cagliero e Maria Teresa Stella. A questi ultimi lascio la parola, non senza ricordare che il calo dei matrimoni è stato il dato più vistoso tra i tanti che sono stati quantificati.

“Siamo Maria Teresa e Giuseppe Cagliero e prestiamo servizio agli sposi per la nostra parrocchia tenendo il ciclo di incontri di preparazione al sacramento del matrimonio. Condividiamo il nostro calendario con le altre parrocchie della nostra unita pastorale e lo comunichiamo alla Diocesi affinché possano partecipare anche coppie di altra provenienza.
Nei 15 anni di servizio, abbiamo assistito ad un calo della partecipazione di coppie di cui uno dei nubendi è cresciuto nella parrocchia, mentre risulta significativa la partecipazione di giovani di recente immigrazione per motivi di studio e/o di lavoro da altre regioni italiane e da paesi esteri. Da ciò consegue che a fronte di un discreto numero di coppie che si preparano con noi al matrimonio, il numero di matrimoni celebrati nella nostra parrocchia è limitatissimo perché ci si sposa – di norma - nei paesi di origine.
La modalità di svolgimento del percorso che proponiamo consiste in un ciclo di 8 incontri settimanali. E’ un impegno rilevante, ma che consente confronto e condivisione in coppia degli argomenti che vengono affrontate anche al di fuori del momento dell’incontro.
Le coppie partecipanti sono quasi già tutte conviventi che decidono di definire il loro rapporto nel momento in cui fanno progetti di genitorialità.
E’ per noi un’esperienza talvolta difficile, ma molto stimolante. Le coppie hanno un vissuto di fede limitato, ma sono normalmente disposte ed aperte ad accogliere un nuovo annuncio. Ci sono casi di vera e propria rivelazione. Il ritorno personale e di fede che abbiamo nella relazione che si crea con ciascuno di loro è, nella maggior parte dei casi, entusiasmante, talvolta già nel corso degli incontri. Comunque anche negli anni successivi abbiamo avuto occasioni di contemplare fiori meravigliosi cresciuti anche su terreni che sembravano aridi.

Questo servizio è comunque una grande occasione di crescita per noi due individualmente, per la nostra coppia e per la nostra famiglia, perché, da un lato, ci formiamo e ci confrontiamo anche noi due, dall’altro, alimentiamo la nostra relazione con la freschezza di vita che viene dai giovani.
Invece è stato ed è difficile continuare qualsiasi attività con le giovani famiglie dopo il matrimonio. Manteniamo i loro contatti e li invitiamo a tante iniziative, ma non ci sono adesioni. E’ possibile creare dei bei legami personali e diretti incontrando le singole coppie o le giovani famiglie.
In particolare un bel riscontro lo abbiamo nella risposta ad iniziative di solidarietà nei confronti delle quali rispondono positivamente. Facciamo da tramite tra loro e San Vincenzo oppure C.A.V., per esempio, nel passaggio di vestiti, giochi, materiale scolastico dei loro bambini.”

Pastorale e catechesi degli adulti

In questo ambito, riconosco di avere speso molte risorse nella ricerca, di avere cambiato approccio nel tempo anche in modo significativo, e di mantenere un certo “scontento” insieme ad attesa.
La scelta migliore l’ho fatta all’inizio dando una mano a far ripartire l’Azione cattolica. Come viene documentato in altra parte, questa associazione era presente in un passato lontano, quando aveva un ruolo decisivo e qualificante. Sorte comune a tante parrocchie. Negli anni 70 andò in crisi. I tentativi fatti negli anni successivi sono stati oggettivamente lontani dalla solidità e coerenza propria di quel tempo. Ma sarebbe ingiusto accontentarsi di questa valutazione sommaria e superficiale. Tornando al tema, ritenni di concorrere con i laici interessati e disponibili a farla ripartire. Anche se il gruppo di adulti non è mai cresciuto in termini numerici, sono sicuro che abbia raggiunto i suoi (i miei) obiettivi: assicurare un cammino di formazione permanente da adulti e per adulti.

Oltre a ciò, abbiamo cercato di proporre in ogni anno alcuni momenti costanti per tutti i fedeli: l’adorazione eucaristica mensile e la Lectio divina (con il prezioso contributo di don Lucio Casto); diverse iniziative di carità inserite nel corso dell’anno (Progetto gemma, collette per calamità, sostegni a gruppi e associazioni varie) e nel cammino quaresimale (un progetto di Quaresima di fraternità). A questo riguardo ricordo con piacere che tra i nostri parrocchiani fedeli è stato ed è attivo Edoardo Gorzegno che fu tra i fondatori dell’iniziativa negli anni 60 del secolo scorso.
Alcuni momenti di riflessione e di catechesi in senso proprio (con attenzione alla fede, ai sacramenti, alla vita morale).

Al riguardo, mi sembra di dover aggiungere la seguente considerazione. All’inizio del mio servizio prevaleva l’obiettivo di una formazione sistematica e organica tesa a valorizzare il Catechismo degli adulti della CEI, La verità vi farà liberi. A fronte di risultati non soddisfacenti, e raccogliendo gli stimoli ecclesiali (sia da parte del magistero che da parte della teologia catechetica) orientammo la nostra attenzione sul “Primo annuncio”. La svolta non rappresentava una rinuncia alla proposta sistematica e organica, ma testimoniava la presa di coscienza dell’avvenuto cambiamento nel mondo degli adulti e dello sforzo di mantenere una buona relazione con esso, improntata al vangelo.

Nel frattempo è arrivato il ciclone Bergoglio! – lo dico con grande simpatia e riconoscenza. La sua esortazione apostolica Evangelii gaudium (del 24 novembre 2013) rappresentava una grande novità, tuttora non ancora metabolizzata. Il Concilio ritrovava la sua spinta riformatrice, rilanciata dalle lettere successive e dalla rinnovata prassi sinodale fino all’attuale Sinodo sulla sinodalità, con chiare intenzioni ecclesiologiche. Ma già l’Amoris Laetitia (19 marzo 2016) con il Sinodo che l’ha preceduta aveva introdotto novità significative nel mondo degli adulti e nell’approccio al loro cammino di formazione. Anche il cammino della Chiesa italiana, caratterizzato dai suoi tornanti o passaggi principali dati dai convegni ecclesiali (Roma, Loreto, Palermo, Verona, Firenze), aiuta a comprendere che cosa è avvenuto nella nostra pastorale e catechesi degli adulti. La lunga presidenza della Cei del card. Camillo Ruini, con il progetto culturale orientato in senso cristiano, rappresenta lo sfondo sul quale si sono inseriti i nostri tentativi di servire gli adulti.
I convegni ecclesiali con cadenza decennale, hanno costituito momenti forti di maturazione della coscienza ecclesiale, delle sfide e delle risposte adeguate da dare.

Il risultato di questo elaborato cammino ricade nella posizione attuale che ci vede impegnati nell’offrire la possibilità di un accostamento personale e comunitario alla Parola della Vita. Con l’esperienza del vangelo nelle case (lettura del vangelo dell’anno liturgico, con un metodo rigoroso, che fa spazio alla luce dello Spirito santo vero maestro interiore) non scopriamo certo l’acqua calda, e non conseguiamo un obiettivo maturo, ma percorriamo una via obbligata che speriamo possa pervenire quanto prima ad una nuova sintesi e alla sua versione popolare e parrocchiale.



La cura per la liturgia.

Il Concilio ci ha lasciato una grande eredità, che è anche un compito molto impegnativo: la riforma liturgica. La riforma ha riguardato i luoghi, i simboli, il linguaggio, le forme, lo “spirito”. Le consegne sono arrivate poco per volta nelle nostre parrocchie, con i nuovi libri liturgici con relative istruzioni (“Prenotanda”), cominciando dalla santa Messa per toccare poi i riti del Battesimo e Cresima, dell’Ordine e Matrimonio, della Penitenza e dell’Unzione degli infermi.
Dopo sessant’anni possiamo convenire senza incertezze che ci sono state improvvisazioni, resistenze, cadute di stile, conversioni, sforzi meritevoli o sterili, ritrattazioni, ricerca inesausta dell’equilibrio ideale.

Per una rivisitazione corretta bisognerebbe passare in rassegna tutti i Sacramenti nei loro aspetti rituali e pastorali. Ciò comporterebbe un notevole lavoro e anche una competenza diversa dalla mia. Mi limito alle seguenti considerazioni.
Sin dall’inizio abbiamo valorizzato il contributo che l’Istituto Diocesano Musica e Liturgia (con padre Eugenio Costa s.j. e don Domenico Mosso prima, poi con don Carlo Franco e don Paolo Tomatis) ha dato e dà al servizio liturgico della nostra Diocesi. Un gruppetto di laici e laiche hanno partecipato ai corsi con frutto, acquisendo competenze e sensibilità, e ponendo le basi di una continuità di servizio che grazie a Dio dura tuttora.
Fu così che crebbe il gruppo di diversi ministeri che hanno dato e danno vitalità e qualità alla nostra liturgia: lettori, accoliti, cantori, animatori dell’assemblea, organisti, ministranti, addetti alla decorazione floreale, addetti alle pulizie…E’ sempre stata tenuta presente l’esigenza di camminare insieme con le parrocchie dell’UP. La Provvidenza ci ha fatto incontrare Emanuela Marangoni, maestra di canto ma soprattutto competente animatrice liturgica, che ha donato al coro e all’assemblea tutta i suoi carismi e la sua passione. La morte prematura ha interrotto il suo servizio, ma non ha impedito che la sua eredità continuasse a lievitare.

Momento forte del nostro cammino liturgico è stata la pubblicazione del Messale Romano – edizione tipica terza, vera provvidenziale occasione di fare il punto di un cammino pluridecennale e per rilanciare le sorti della riforma stessa. Sia in parrocchia che in UP abbiamo dato adeguato spazio a occasioni di studio, di confronto sulle novità contenute nel nuovo Messale come pure sulla necessità di “riprendere” gli orientamenti generali del messale stesso.

Una buona amministrazione a beneficio della pastorale.

Ci tengo ad elencare i nomi dei collaboratori perché se possiamo raccontare la breve storia che stai per leggere è soprattutto merito loro.
Il primo CPAE era composto da Piera Albani (segr.), Piergiorgio Borgarello, Mario Gaidano, Giuseppe Genesio. Durò in servizio dal 2007 al 2013.
Dal 2013 ad oggi, Gabriella Monfredini (segr.), Maria Teresa Stella, Alberto Caronni, Giuseppe Cagliero, Giuseppe Genesio. Le specifiche competenza e il gioco di squadra hanno caratterizzato il loro generoso e illuminato servizio.
Punto di riferimento ufficiale per il lavoro è la Nota CEI in materia amministrativa, ma anche una felice e provvidenziale occasione di riflessione diocesana celebrata in una assemblea diocesana del 20 novembre 2013, seguita dalla visita del Vicario per l’Amministrazione, mons. Giuseppe Trucco, alla nostra UP del 21 marzo 2015. Fu una occasione preziosa per una riflessione a cuore aperto su un ambito della pastorale particolarmente delicato, e motivo di non piccole preoccupazioni e angustie. Per quanto mi riguarda, posso dire che proprio l’operosa collaborazione dei laici e laiche soprannominati mi hanno permesso di non perdere mai la serenità, anche nei passaggi più difficili della nostra vicenda amministrativa.
La parrocchia, si sa, non è una azienda che deve produrre utili e assicurare un fatturato funzionale allo scopo, ma deve custodire un patrimonio di beni mobili e immobili al servizio della vita della Chiesa, con particolare riguardo per i più poveri. In questa prospettiva, le competenze amministrative di vario segno sono al servizio della vitalità della parrocchia.
Oltre al merito, e quindi alla riconoscenza per i collaboratori, mi sento in dovere di esplicitare due considerazioni di fondo. La sostenibilità amministrativa della parrocchia si è retta sul costante afflusso di risorse da parte dei parrocchiani, con il concorso insostituibile di eredità e lasciti che ci hanno permesso di provvedere alle necessità ordinarie o urgenti. Questa considerazione ne richiama un’altra che formulo in forma di domanda: a fronte della riduzione significativa del numero dei fedeli, e quindi delle offerte, come sarà possibile mantenere la stessa stabilità o sostenibilità amministrativa?

Vengo, infine, ad elencare le opere principali di cui ci siamo occupati. Non tutte, ma un buon numero.
Intervento nel pavimento e tinteggiatura della sacrestia (nel 2007 20.000 euro).
Ascensori chiesa e casa di via Asinari di Bernezzo 34 (nel 2008 127.000).
Rapporti con la Scuola Max Planck, conclusi nel 2016
Sostituzione finestre chiesa (2008 44.850)
Mostra di Antonio Testa e concerto Frammenti di luce (nel 2010)
Molti interventi nel salone polivalente o teatro, e palestre sottochiesa

Sostituzione tetto in eternit della casa di via Salbertrand (nel 2012 48.000)
Due nuove campane per il nostro campanile (2011 26.000) che così fa sentire la sua voce squillante (Sol, La, Si, Do, Re), grazie alla generosità della prof.sa Zena Lironi.
Valvole termostatiche (2011 11.000)
Caldaie a gas e teleriscaldamento (nel 2015 50.000)
Nuovo organo elettronico (nel 2011 6.100)
Lavori in casa canonica per lo Studentato universitario (nel 2017 43.000)
Manutenzione straordinaria palestra e parquet della Chiesa (nel 2019 60.000)
I serramenti della casa parrocchiale (nel 2023 96.201)

Il CPAE si è impegnato anche con le parrocchie vicine chiedendo e offrendo, in circostanze diverse, risorse senza interessi.
Si è fatto carico della promozione del Sovvenire alle necessità della chiesa (con le campagne di sensibilizzazione dell’8xmille e per le offerte liberali detraibili).
Abbiamo chiesto e ottenuto aiuti economici dalla Diocesi in momenti difficili. Abbiamo sempre onorato i nostri doveri tributari verso lo Stato e la Chiesa diocesana. Particolare cura è stata data alla gestione del personale dipendente e volontario.



Il Consiglio pastorale parrocchiale (CPP)

Già ho detto della faticosa, per non dire impossibile, convivenza con l’Equipe di UP. E’ augurabile che la situazione volga al superamento dell’attuale “empasse”. Il Cpp ha avuto tre tornate o sessioni. L’ultima che è in corso vede la significativa novità di essere unico per le due parrocchie, la Madonna Divina Provvidenza e santa Giovanna d’Arco. Essendo organismo elettivo, è sempre stato di fatto eletto dall’assemblea eucaristica e dai gruppi e associazioni esistenti. Per la sua configurazione ci siamo riferiti agli Statuti (si veda il Libro Sinodale 1997 a pag. 163).
Abbiamo sperimentato anche noi la fatica dovuta principalmente al fatto della pluralità delle posizioni sentite come ostacolo e non come ricchezza.
Nella seconda sessione ci siamo riferiti alla ricca sapienza del card. C.M.Martini che aveva proposto per la diocesi ambrosiana i punti di riferimento per un retto consiglio ecclesiale.
Più recentemente, quelle sagge considerazioni, sono approdate sulla proposta della “conversazione nello spirito” maturata nel contesto del Sinodo sulla sinodalità.
Con queste premesse, mi sembra che si avviino a soluzione i problemi costituiti dalla natura “solo” consultiva del CPP. Speriamo con il Sinodo dell’ottobre 2024 il problema venga affrontato e risolto, nel modo più felice e maturo.
Il Cpp del 2008-2013 aveva come segretario Guido Castello, era costituito da 22 membri.
Il Cpp del 2013-2018 aveva come segretario Eugenio Chiappetta, ed era composto da 23 membri.
Il Cpp del 2018-2023, prorogato a motivo del Covid e del contemporaneo Sinodo sulla sinodalità, cpp delle due parrocchie, che ha come segretario Paolo Ricci, ed è costituito da 30 membri.

Gli arcivescovi e la nostra parrocchia sempre nel periodo 2007-2025.

Card. Agostino Richelmy (1850-1923) 1897-1923
Card. Giuseppe gamba (1857-1929) 1923-1929
Card. Maurilio Fossati (1876-1965) 1930-1965
Card. Michele Pellegrino (1903-1986) 1965-1977
Card. Anastasio A. Ballestrero (1913-1998) 1977-1989
Card. Giovanni Saldarini (1924-2011) 1989- 1999
Card. Severino Poletto (1933-2022) 1999-2010
Mons. Cesare Nosiglia (1944….)2010-2022
Mons. Roberto Repole (1967-….) 2022…

Tre anni con Poletto, dodici con Nosiglia, due con Repole.
In tutta coscienza, mi sento di dire che abbiamo sempre tenuto nel debito riguardo la pastorale diocesana così come i singoli Arcivescovi la proponevano. Mi sono impegnato a far si che la memoria liturgica (“in comunione con il nostro Vescovo Severino, Cesare, Roberto”) fosse sincera ed effettiva. Almeno nello sforzo di realizzarla se non proprio nella sua concreta attuazione.
Il card. Poletto ci aveva consegnato le sue indicazioni pastorali con la lettera “Costruire insieme” del 2001. Essendo arrivato nel 2007 abbiamo dedicato il nostro impegno all’ultima parte, quella della “redditio fidei”, comprensiva del pellegrinaggio a Roma.
Mons. Nosiglia ci ha indirizzato diverse lettere pastorali dedicate ai singoli ambiti della vita ecclesiale. Mons. Repole, che è all’inizio del suo servizio episcopale, ci ha per ora aiutato a mettere a fuoco in modo corretto dal punto di vista ecclesiologico e missionario le varie iniziative e attività. Vedi la Lettera “Ciò che conta davvero” 2023.
Nel periodo 2007-2025 abbiamo avuto due visite pastorali: quella del card. Poletto dal 4 al 13 aprile 2008 seguita dalla Lettera del 18 maggio 2008. E quella di mons. Nosiglia dal 8 gennaio al 5 febbraio 2017. Ampio servizio gli fu dedicato dalla VOCEeTEMPO del 8 gennaio 2017. Anche questa seconda visita era dedicata all’Unità pastorale 10 Parella.

I Ministri ordinati.
Proprio mentre ci prepariamo ad accogliere i nuovi ministeri laicali o battesimali, come richiesto da Mons. Roberto Repole, mi corre obbligo di ricordare coloro che nel Ministero ordinato diaconale e presbiterale, hanno collaborato nei 17 anni della “mia” parrocchia. Per primo e per anzianità di servizio ricordo padre Luciano Viano (2 aprile 1925 – 26 luglio 2019) gesuita. Ordinato prete nel 1955, amico fraterno di mons. Enriore, ha svolto il suo servizio festivo quasi ininterrottamente dal 1957 al 2013, quando per ragioni di salute fu costretto a ritirarsi. Ha presieduto l’Eucarestia, ha benedetto le nozze di molti sposi, si è dedicato al Ministero della Riconciliazione, in tanti abbiamo goduto della sua amicizia. Ricordo poi don Lucio Casto (5 novembre 1947) attivo in parrocchia dal 1 settembre 2000. Professore di teologia morale e spirituale, di storia della Chiesa, ha insegnato in Facoltà teologica e nell’ISSR (in alcuni anni anche direttore), fino al compimento dei 75 anni. E’ stato ed è tuttora esorcista e coordinatore degli esorcisti del Piemonte e Valle d’Aosta. Accompagnatore spirituale ricercato, predicatore di esercizi spirituali, dedito al Ministero della riconciliazione. Gli siamo grati in particolare della lectio divina, e per la sua presenza saggia e illuminata. Ricordo poi don Raffaele Paradiso (8 maggio 1958 – 22- dicembre 2016) ordinato prete il 25 novembre 2007, è rimasto con noi per quasi due anni, fino al settembre 2009 quando fu promosso parroco di Rivara. Sempre dall’inizio del mio mandato ricordo il diacono Giorgio Agagliati (9 dicembre 1957), ordinato il 18 novembre 2001. Iniziò il primo novembre 2007 e terminò il 10 ottobre 2018. Si è dedicato con continuità e passione ai giovani e ai ragazzi dell’oratorio, rinunciando a molte delle sue vacanze per loro. Abbiamo apprezzato la sua predicazione chiara e coinvolgente. Abbiamo vissuto con lui il grande dolore della morte prematura della moglie Anna. Don Damiano Cavallaro (21 ottobre 1985) ordinato nel 2013, ha svolto il suo ministero dal 1 settembre 2014 al 31 agosto 2015. Infine, don Samuele Moro (11 luglio 1996) ordinato il 4 giugno 2022, destinato alle nostre parrocchie dal settembre dello stesso anno, ma già presente come seminarista e diacono.. a lui abbiamo affidato in modo speciale i giovani e i ragazzi dell’oratorio. Infine, una fuoriserie! È presente tra noi dal 2012 mons. Giuseppe Anfossi, vescovo emerito di Aosta. Nacque a san Vigilio di Marebbe (BZ) il 7 marzo 1935 ma è piemontese a tutti gli effetti. Ordinato prete il 28 giugno 1959, con due Lauree, si è dedicato ai Seminari e alla pastorale della famiglia, in diocesi e in Italia per la CEI. Eletto vescovo di Aosta, fu ordinato dal card. Giovanni Saldarini il 22 gennaio 1995. Servì quella chiesa per 17 anni fino alla “pensione” quando tornò nella sua Torino e trovò casa tra noi. In questi tredici anni ci ha dato molto, soprattutto un buon esempio per invecchiare bene, e affrontare con forza interiore e viva fede i seri problemi di salute (nel 2015 e nel 2020) che lo hanno impegnato seriamente. Saggio consigliere, dedica ancora un po’ del suo tempo e delle sue risorse ai separati non risposati, ai penitenti, e agli amici. Ha curato la stampa di tre libri e ne ha appena pubblicato un quarto. Come profilo di pensionato non c’è male! Torino, settembre 2024
don Sergio Baravalle.

Capitolo 2

  • 2.1. Gli inizi. Don Michele Plassa.
  • 2.2. Monsignor Michele Enriore parroco
  • 2.3. Molgora don Enrico – profilo biografico
  • 2.4. MDP: 17/100